Francesca mannocchi bianco è il colore del danno

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Metto un numero di stelline a caso, che mai come questa volta significano zero.

Mi sono trasferita dove vivo ora quasi vent'anni fa. Al buio, zero lavoro, zero amici. Comincio a frequentare l'unica libreria esistente, divento amica della libraia, passo lì pomeriggi interi seduta su uno scaffale accarezzando Paco, il cane. Ora non esiste più né il cane né la libraia. In questo luogo delle meraviglie conosco, con in tempo, una ragazza. Un paio d'anni più di me, intelligente, stessa passione comune

Metto un numero di stelline a caso, che mai come questa volta significano zero.

Mi sono trasferita dove vivo ora quasi vent'anni fa. Al buio, zero lavoro, zero amici. Comincio a frequentare l'unica libreria esistente, divento amica della libraia, passo lì pomeriggi interi seduta su uno scaffale accarezzando Paco, il cane. Ora non esiste più né il cane né la libraia. In questo luogo delle meraviglie conosco, con in tempo, una ragazza. Un paio d'anni più di me, intelligente, stessa passione comune per la lettura, ottima scrittrice, ironica, schiva, molto schiva. Leghiamo tanto, subito, iniziano gli spritz in spiaggia e lei zoppica. Zoppica ogni spritz di più. Abbiamo trent'anni e il mio unico pensiero è godermi finalmente l'estate in una località di mare, la malattia è distante anni luce dal mio mondo, ogni tanto butto lì un 'fatti vedere sto ginocchio che non è possibile'. Povera stupida. Passa un po' di tempo, noi siamo sempre più legate e lei è sempre più taciturna. Cammina sempre con maggior fatica e io no chiedo finché, a pranzo, un mercoledì, ricordo ancora, al dessert mi dice che ha la sclerosi multipla. Non parlo più, mi scendono due lacrime, e a lei tocca pure il compito di rassicurare me, di spiegarmi, imparo cose, chiedo spiegazioni che non esistono. So che la tac annuale è il suo periodo peggiore, perché il bianco è il colore del danno.

Ho letto questo libro con un totale distacco e un totale rifiuto, come il padre della protagonista, perché io un po' di queste cose le conoscevo e non volevo conoscerle ulteriormente. La Mannocchi è diversa dalla mia amica, ovvio, alcuni pensieri invece sono comunissimi. Ci ho messo una vita a finire questo libro, troppo doloroso, e vorrei farlo leggere a lei, ma non mi decido a parlagliene, il mio solito pudore di chi sa di essere molto fortunata.

Non so se mi leggerà qui sopra, so che non le farà piacere che ho parlato di lei, non sia mai che le capiti di essere al centro dell'attenzione per più di 30 secondi. Mi fa molto ridere, e ridiamo ancora quando ci vediamo però non la vedo da un anno perché il mio timore di passarle anche solo un raffreddore fa sì che dobbiamo sentirci a distanza.

Avrebbe potuto scriverlo lei, ne ha le capacità e la sensibilità. Ho pensato a lei tutto il tempo ed è per questo che non posso giudicare questo libro e neppure voglio. Una che si è esposta, che ci ha reso partecipi non tanto della malattia, ma dei pensieri che le affollano la mente ogni notte merita rispetto, non stelline.

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Feb 28, 2021 Federica Rampi rated it really liked it

Perché è successo a me?

Il bianco è il colore delle lesioni della malattia, la sclerosi multipla che arriva appena dopo la gravidanza.
Il danno è l’imprevedibilità

“Bianco è il colore del danno “ scava nelle relazioni quando la malattia arriva e cambia prospettive e dinamiche.
Il prima e il dopo.
La consapevolezza di non essere più come prima, la paura di essere una madre imperfetta che teme di non riuscire ad accudire ma di dover essere accudita

I limiti, il corpo tradito, il tempo, la maternità

Perché è successo a me?

Il bianco è il colore delle lesioni della malattia, la sclerosi multipla che arriva appena dopo la gravidanza.
Il danno è l’imprevedibilità

“Bianco è il colore del danno “ scava nelle relazioni quando la malattia arriva e cambia prospettive e dinamiche.
Il prima e il dopo.
La consapevolezza di non essere più come prima, la paura di essere una madre imperfetta che teme di non riuscire ad accudire ma di dover essere accudita

I limiti, il corpo tradito, il tempo, la maternità colpevolizzata, l’imprevedibilità del futuro, la vulnerabilità.
Francesca Mannocchi ha scritto una storia personale che diventa collettiva, (perché parallelamente parla di tutta la famiglia) e poi racconto politico, scoperchiando le difficoltà del curarsi, i costi, le attese, il limbo della diagnosi, la lingua medica distante.

Nel libro c’è un filo conduttore che è rappresentato dal passato rivissuto senza nostalgia: ricordare è un esercizio quotidiano che serve a tenere insieme i pezzi, a lottare contro la paura di dimenticare.
Perché il passato è origine e destinazione

“Custodiamo i ricordi con una cura eccezionale. Li trasformiamo in parole, immagini, fotografie, filmini, superotto, oscillando di continuo tra l’essere protagonisti della nostra vita e diventarne testimoni. Vogliamo che niente ci sfugga, che ogni evento possa diventare cimelio.”

A tenere insieme i tasselli di passato presente e futuro è la figura di nonna Rita , una presenza viva e costante con quel “Stai attenta a te” che sa di cura e avviso.

Lettura profonda, misurata ed estremamente lucida sul rapporto sani e malati e sulla malattia, che quando arriva “smucchia” tutto, come una tormenta che scoperchia e rovescia.

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Mannocchi è una certezza e, soprattutto dopo la folgorazione di Khaled, questo è un libro da prendere a occhi chiusi. Naturalmente, questo è un testo molto diverso. L'imprevedibilità della malattia, le sue interazioni - e soprattutto il confronto - con la maternità, l'assalto del passato e l'incognita del futuro. La materia c'è, ma a mio avviso c'è qualche "falla" nella struttura del libro. Spero di riuscire ad argomentare. I temi e le suggestioni toccate sono tante, delicate, e non credo basti Mannocchi è una certezza e, soprattutto dopo la folgorazione di Khaled, questo è un libro da prendere a occhi chiusi. Naturalmente, questo è un testo molto diverso. L'imprevedibilità della malattia, le sue interazioni - e soprattutto il confronto - con la maternità, l'assalto del passato e l'incognita del futuro. La materia c'è, ma a mio avviso c'è qualche "falla" nella struttura del libro. Spero di riuscire ad argomentare. I temi e le suggestioni toccate sono tante, delicate, e non credo basti la voce, per quanto autentica e rivelatrice di se stessa dell'autrice, a darne conto con profondità. C'è la sensazione, in più passaggi, che il libro si componga di riflessioni, episodi, aneddoti, che vengono giustapposti e incastrati fra loro, ma senza una percepibile e solida struttura dietro. Alcuni passaggi logici e associazioni di eventi sono forse scontati per l'autrice, o per chi ne condivide la condizione e le esperienze, ma non per tutti i lettori: certo, il rischio opposto era di risultare didascalici, "troppo scoperti", ma forse il rischio era da correre. A volte colgo la sensazione che la voce sia - comprensibilmente - arrabbiata e chiusa in se stessa, e sia ben lontana dal raggiungere formalmente quella catarsi cui, nelle dichiarazioni, ambisce e pretende di raggiungere. Questa è la mia personale impressione di lettura. Nei temi e in certe riflessioni - penso soprattutto alla questione dell'identità o al confronto con altri pazienti come il caso di Mara - il libro resta pregevole, decisamente riuscito. Saranno gusti ma, devo ammetterlo, da Mannocchi mi aspettavo di più. ...more

Jul 16, 2021 Annalisa rated it really liked it

La dolorosa scoperta di una malattia che potrebbe essere molto limitante, l’accettazione tormentata della precarietà e dell’impotenza, le paure, il faccia a faccia con un futuro che si prospetta incerto, temibile e forse breve. Tutti ci confrontiamo con limiti e precarietà della vita e dei sentimenti, ma onestamente qui è tutto più drammatico, tuttavia un pochino possiamo ritrovarci in questo racconto o forse esorcizzare le nostre paure in agguato. La voce della autrice, sensibile giornalista de La dolorosa scoperta di una malattia che potrebbe essere molto limitante, l’accettazione tormentata della precarietà e dell’impotenza, le paure, il faccia a faccia con un futuro che si prospetta incerto, temibile e forse breve. Tutti ci confrontiamo con limiti e precarietà della vita e dei sentimenti, ma onestamente qui è tutto più drammatico, tuttavia un pochino possiamo ritrovarci in questo racconto o forse esorcizzare le nostre paure in agguato. La voce della autrice, sensibile giornalista degli scenari cupi del nostro tempo, è tesa, ellittica, a volte abbastanza ricercata negli accostamenti di aggettivi, nelle metafore, nelle immagini, ma non possiamo considerarla artificiosa piuttosto un tentativo di rendere il dramma oggettivo. Esperienza di lettura toccante. ...more

è la prima volta che mi astengo dalle stelline. mi è difficile inquadrare un libro che mi ha fatto piangere, stare male, arrabbiare. soprattutto arrabbiare: con chi me l’ha consigliato, con questa storia che potrebbe essere la mia storia per alcune coincidenze, con questa storia che è la storia di qualcuno che conosco.

in sé, però, il libro non ha colpe. è un’autobiografia fatta bene, che a mio parere non si sbrodola, non si piange addosso (non piange neanche nella realtà), cerca risposte che non

è la prima volta che mi astengo dalle stelline. mi è difficile inquadrare un libro che mi ha fatto piangere, stare male, arrabbiare. soprattutto arrabbiare: con chi me l’ha consigliato, con questa storia che potrebbe essere la mia storia per alcune coincidenze, con questa storia che è la storia di qualcuno che conosco.

in sé, però, il libro non ha colpe. è un’autobiografia fatta bene, che a mio parere non si sbrodola, non si piange addosso (non piange neanche nella realtà), cerca risposte che non sono sicura si possano ottenere. ha un buon ritmo, ma io non vedevo l’ora che finisse.
lascio le stelline bianche, come bianco è il colore del danno.

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Mar 07, 2021 Carlo Mazzeri rated it it was amazing

Francesca Mannocchi ci catapulta dalla prima pagina in una storia silenziosa, schiva e potente. Lo svolgimento della narrazione nella seconda parte risulta un poco confuso, ma il filo forte della malattia permette di riassemblare il presente e il passato e il futuro in nodi inediti. Le vite della nonna, della madre e del figlio dell'autrice si intrecciano, aprendo domande prima sulla pagina, poi nelle lettrici e nei lettori.
Mentre Mannocchi condivide la sua storia, a noi tocca pagina dopo pagin
Francesca Mannocchi ci catapulta dalla prima pagina in una storia silenziosa, schiva e potente. Lo svolgimento della narrazione nella seconda parte risulta un poco confuso, ma il filo forte della malattia permette di riassemblare il presente e il passato e il futuro in nodi inediti. Le vite della nonna, della madre e del figlio dell'autrice si intrecciano, aprendo domande prima sulla pagina, poi nelle lettrici e nei lettori.
Mentre Mannocchi condivide la sua storia, a noi tocca pagina dopo pagina mettere in crisi e ripensare -o confermare- le nostre convinzioni sulla malattia. Il personale è politico, e l'autrice assume questo attributo nella sua accezione più alta: quella di testimonianza diretta di una storia di tutto quello che sta tra una diagnosi e il futuro.
Nonostante il tema impegnativo, lo stile di Mannocchi è molto piacevole, raramente stucchevole e il libro si legge molto velocemente, complice l'implicazione emotiva.
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Bianco è il colore del danno rientra in quelle letture che non arrivano neanche al giorno dopo. Preso all'ora di pranzo in libreria e terminato la sera. E questo grazie alla scrittura di Francesca Mannocchi, precisa ed elegante, per certi versi semplice perché senza leziosità e orpelli. Arriva dritta dritta al cuore. Ci parla della sua malattia, di come l'ha scoperta e di come l'ha cambiata, dei rapporti con le persone amate, i ricordi del passato che cerca di tenere stretti a sé per costruire u Bianco è il colore del danno rientra in quelle letture che non arrivano neanche al giorno dopo. Preso all'ora di pranzo in libreria e terminato la sera. E questo grazie alla scrittura di Francesca Mannocchi, precisa ed elegante, per certi versi semplice perché senza leziosità e orpelli. Arriva dritta dritta al cuore. Ci parla della sua malattia, di come l'ha scoperta e di come l'ha cambiata, dei rapporti con le persone amate, i ricordi del passato che cerca di tenere stretti a sé per costruire una sorta di diagnosi, per non dimenticare le parole. E poi le lettere al figlio Pietro, forse le parti più belle, quelle che ci fanno guardare dentro, facendoci capire quanto desideriamo, quanto siamo fallibili. Ma come diceva Beckett: "Fail better." ...more

La prima metà ha retto bene, poi il libro è crollato in assenza di struttura. Colpa mia che mi aspettavo un inizio uno svolgimento e una fine? Forse sì. Però è necessario dichiarare che questo è un insieme di pensieri. Alcune riflessioni commoventi, sincere, coraggiose. Altre si sfaldano in pagine prolisse che non portano da nessuna parte. Sicuramente è un testo che ha richiesto un grande coraggio alla scrittrice, un coraggio apprezzato che apre gli occhi di fronte a verità che solo chi vive la La prima metà ha retto bene, poi il libro è crollato in assenza di struttura. Colpa mia che mi aspettavo un inizio uno svolgimento e una fine? Forse sì. Però è necessario dichiarare che questo è un insieme di pensieri. Alcune riflessioni commoventi, sincere, coraggiose. Altre si sfaldano in pagine prolisse che non portano da nessuna parte. Sicuramente è un testo che ha richiesto un grande coraggio alla scrittrice, un coraggio apprezzato che apre gli occhi di fronte a verità che solo chi vive la malattia può assaporare. Però questo coraggio non tiene le redini per 200 pagine, e il pensiero finale è che Francesca Mannocchi rimane dopotutto una grande giornalista, mentre sulla narrativa non sono sicura di poter dire lo stesso. ...more

Jun 10, 2021 kat1a_5 rated it it was amazing

Di una lucidità spietata.
"La vergogna è questa cosa qui. Ci rivela cosa siamo per gli altri, quanto valiamo nel catalogo dei vivi, ora che siamo guasti". La realtà è che possiamo essere guasti in moltissimi modi differenti
Di una lucidità spietata.
"La vergogna è questa cosa qui. Ci rivela cosa siamo per gli altri, quanto valiamo nel catalogo dei vivi, ora che siamo guasti". La realtà è che possiamo essere guasti in moltissimi modi differenti
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Feb 24, 2021 Jessica rated it liked it

Non è un classico libro sulla malattia, piuttosto lo definirei un libro sulla vita CON la malattia. Francesca Mannocchi non riempie pagine di divulgazione sulla Sclerosi Multipla, riesce a spiegare la condizione di malato in maniera del tutto insolita ma assolutamente potente! Pagina dopo pagina ci si ritrova a leggere una sorta di diario personale in cui si affrontano temi però universali : vita, famiglia, gravidanza, malattia, paura, vergogna si intrecciano in un alternarsi di ricordi e rifles Non è un classico libro sulla malattia, piuttosto lo definirei un libro sulla vita CON la malattia. Francesca Mannocchi non riempie pagine di divulgazione sulla Sclerosi Multipla, riesce a spiegare la condizione di malato in maniera del tutto insolita ma assolutamente potente! Pagina dopo pagina ci si ritrova a leggere una sorta di diario personale in cui si affrontano temi però universali : vita, famiglia, gravidanza, malattia, paura, vergogna si intrecciano in un alternarsi di ricordi e riflessioni personali che riescono però a risultare condivisibili e comprensibili anche per noi "estranei". E' un racconto autentico di quelli a cui non si è abbastanza abituati. ...more

Apr 18, 2021 Chiara rated it it was amazing

[Ci ho messo un po' ad elaborare cosa scrivere, perché il tema del libro lo vivo sulla mia pelle e per alcuni versi è stato come guardare una me molto più consapevole allo specchio]

"Bianco è il colore del danno" si divide tra una fotografia della realtà precaria del SSN in cui ti trovi immersa, dove devi lottare per i tuoi diritti da malata e una riflessione sui legami familiari, di una donna che è madre ma è anche figlia.

Lo stile è scorrevole, mai stucchevole. La malattia cronica è questo, e M

[Ci ho messo un po' ad elaborare cosa scrivere, perché il tema del libro lo vivo sulla mia pelle e per alcuni versi è stato come guardare una me molto più consapevole allo specchio]

"Bianco è il colore del danno" si divide tra una fotografia della realtà precaria del SSN in cui ti trovi immersa, dove devi lottare per i tuoi diritti da malata e una riflessione sui legami familiari, di una donna che è madre ma è anche figlia.

Lo stile è scorrevole, mai stucchevole. La malattia cronica è questo, e Mannocchi non edulcora. È una narrazione potente, la testimonianza diretta di una storia, che ci costringe a guardare la malattia, l'assistenza e le relazioni che mutano dalla diagnosi in poi.

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Più che di un romanzo si tratta di una lunga introspezione sulla scoperta della malattia. Una riflessione dolorosa sull'essere madre, ma anche sull'essere figlia, e su come vengono sconvolte le regole del tempo, che fa vivere appieno l'oggi perché domani non si sa. Un libro coraggioso, che guarda alla malattia non come disagio del singolo ma come danno collettivo. Più che di un romanzo si tratta di una lunga introspezione sulla scoperta della malattia. Una riflessione dolorosa sull'essere madre, ma anche sull'essere figlia, e su come vengono sconvolte le regole del tempo, che fa vivere appieno l'oggi perché domani non si sa. Un libro coraggioso, che guarda alla malattia non come disagio del singolo ma come danno collettivo. ...more

Jan 29, 2022 Geo rated it liked it

Che dolore e che sollievo leggere questo libro. Non è una lettura facile e va affrontata quando si è pronti. Ho amato alla follia la schiettezza, la fragilità ed il linguaggio, soprattutto quando le parole sono così difficili da trovare. Punto a sfavore la struttura della trama con il susseguirsi di eventi. A tratti mi sono sentita quasi a disagio ad entrare nella vita personale della scrittrice. A posteriori, penso anche che una storia così personale non avrebbe potuto avere un sapore diverso.

Mar 01, 2022 Marica Miolo rated it it was amazing

Pur non essendo io malata di sclerosi multipla, è un argomento che mi tocca molto da vicino; ho deciso di leggere questo libro per capire meglio le persone care a me vicine affette da sclerosi multipla, per cercare una risposta a tutte quelle domande che per pudore non faccio a loro. Il racconto di Francesca Mannocchi è estremamente intimo, ma allo stesso tempo universale; non parla solo del suo rapporto con la malattia, che racconta senza filtri, ma anche del conflitto che prova nell'essere mad Pur non essendo io malata di sclerosi multipla, è un argomento che mi tocca molto da vicino; ho deciso di leggere questo libro per capire meglio le persone care a me vicine affette da sclerosi multipla, per cercare una risposta a tutte quelle domande che per pudore non faccio a loro. Il racconto di Francesca Mannocchi è estremamente intimo, ma allo stesso tempo universale; non parla solo del suo rapporto con la malattia, che racconta senza filtri, ma anche del conflitto che prova nell'essere madre, e nel quale non è difficile riconoscersi. Un aborto, il rapporto con le persone a lei care, i ricordi dell'amata nonna Rita: c'è molto in questo libro, una lettura davvero intensa. ...more

"La malattia è un'amputazione e l'arto fantasma è l'autonomia.
È questo che pensano i sani quando vedono in noi la traccia della dipendenza. Pensano: Un giorno qualcuno dovrà prendersi cura di loro. Speriamo non tocchi a me.
[...]
Ci dicono poveruomo e poveraccia, e ce lo dicono sottovoce, ma non abbastanza da non essere uditi, mentre noi pensiamo di saper camminare dove non c'è pietà.
I sani hanno più paura di noi."
"La malattia è un'amputazione e l'arto fantasma è l'autonomia.
È questo che pensano i sani quando vedono in noi la traccia della dipendenza. Pensano: Un giorno qualcuno dovrà prendersi cura di loro. Speriamo non tocchi a me.
[...]
Ci dicono poveruomo e poveraccia, e ce lo dicono sottovoce, ma non abbastanza da non essere uditi, mentre noi pensiamo di saper camminare dove non c'è pietà.
I sani hanno più paura di noi."
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Bianco è il colore del tutto.

Amiche e amici, come state? Qualcuno mi ha fatto trovare dentro il libro che sto leggendo una foto con le mie (all’epoca) bambine. Ho pianto. E ho continuato a versare lacrime leggendolo: Bianco è il colore del danno, di Francesca Mannocchi pubblicato da Einaudi.

È una storia cruda, dura, scritta in modo asciutto, potente e coraggioso. D’altronde, siamo di fronte alla malattia, e a una di quelle malattie che non guariscono mai. A chi ha avuto direttamente a che fare c

Bianco è il colore del tutto.

Amiche e amici, come state? Qualcuno mi ha fatto trovare dentro il libro che sto leggendo una foto con le mie (all’epoca) bambine. Ho pianto. E ho continuato a versare lacrime leggendolo: Bianco è il colore del danno, di Francesca Mannocchi pubblicato da Einaudi.

È una storia cruda, dura, scritta in modo asciutto, potente e coraggioso. D’altronde, siamo di fronte alla malattia, e a una di quelle malattie che non guariscono mai. A chi ha avuto direttamente a che fare con le lunghe degenze, con le lunghe attese, con il dolore della lenta degenerazione questo libro farà ancora più male. Ma c’è dell’altro: questo libro fa arrabbiare perché ci sbatte in faccia le ingiustizie di una sanità frammentata, ingiusta, sufficiente. Impotente. Dove ciò che è pubblico deve cercare di far quadrare i conti (e i tempi) e ciò che paghi lo puoi avere subito e confezionato in una bella cartellina lucida.

Francesca Mannocchi si mette più a nudo di quanto ti aspetteresti. Non chiede nulla, non chiede aiuto, non chiede pietà, non chiede: parla a sé stessa, come in un diario. Va indietro a cercare di capire da dove le arriva questa sua condizione, se è dovuta alla familiarità, all’ambiente, al caso. Poi ci riporta all’oggi, al vocabolario medico, alle sale d’attesa. Francesca è una giornalista, il suo ruolo è trovarsi al centro dell’azione, dove succedono le cose. In guerra, anche. A un certo punto, però, la sua guerra non è più lontana: è qui. La vorresti abbracciare ma hai paura che vada in pezzi o, peggio, che quell’abbraccio non lo voglia, che lo respinga. Non è simpatica, Francesca Mannocchi. Non è quello che vuole. Il malato è cattivo. Intorno a lei la gente si lamenta di cose qualsiasi, come si fa ad ascoltare tale querimonia quando da un giorno all’altro scopri che il tuo corpo non ti risponde più? Dopo tutto il suo corpo comanda e dice le cose come stanno.

“È il corpo a dire la verità, è il corpo a chiederla. Quando è morbido eppure aspro, quando trasgredisce. Quando è distorto. Quando è inaccettato. È il corpo a fare luce sul come e sul perché. Molto anche sugli altri, perché non mente e rivela paure e intenzioni.“

E il corpo di Francesca dice la verità mentendo: è suo ma lei è altro. Tanti sono i temi in ballo, quando hai tanto a cui pensare. Il corpo. Il corpo la tradisce. Ci chiediamo se è possibile vivere il nostro corpo senza dare conto al giudizio altrui. “È per gli altri che vogliamo essere perfetti, bellissimi, desiderabili. È dagli altri che cerchiamo approvazione. È l’altro che ci vede e vedendoci ci racconta, è l’altro a suggerirci chi siamo. È lo sguardo, dunque, la gabbia?“

A un certo punto, arriva la gravidanza. È questa condizione che ha scatenato la malattia? Può essere. Francesca si riempie di domande. E la società non sembra contemplare lo spazio per una reporter di guerra che deve partire lasciando il proprio figlio a casa. La società pretende che mamma e figlio siano come una cosa sola. E che siano l’espressione della felicità compiuta. Ma è davvero così?

“Non ero una donna, ero l’attesa di un altro essere umano” La gravidanza arriva ma non c’è un interruttore, non c’è uno switch che ti metta in modalità genitore: “Quando nasce un figlio non è detto che nasca una madre.”

“Ero incinta e mi sentivo un involucro, la forma che hai quando sei determinato da un altro. E quell’altro era mio figlio.“

La gravidanza come la malattia si prende il suo tempo, il suo spazio, regola il lavoro, la carriera. Così confuso, il rapporto madre-figlio disorienta.

“Arriverà, come ogni giorno, senza dire una parola, con le braccia aperte a chiedere un abbraccio che trasforma il nostro incontro in una pietà (…) Non diremo niente per qualche secondo, poi Buongiorno amore mio, buongiorno mamma. E poi, come ogni giorno, io mi sentirò benedetta e soffocata”

Altre, sofisticate considerazioni sul tempo, che per chi sente di avere un limite è un concetto dirimente: “Il tempo non ci appartiene più” “Non è tanto non avere più molto tempo, è che quello che abbiamo non ci appartiene. (…) anche quando di tempo ne abbiamo di più non ci appartiene, perché spesso siamo ciechi, non guardiamo abbastanza l’orologio e non ci rendiamo conto che si sta facendo sempre più tardi.”

E, come se non bastasse, il colpo di grazia, il rapporto con i genitori. Sempre loro, da cui tutto origina. Le loro mancanze, le loro nevrosi, le debolezze, le aspettative: tutto ritorna sui figli. Un padre che si è così tanto indurito che non riesce neppure a nominare le cose.

“Lui ha paura delle parole. Se nomina crea. Se non nomina, la malattia non esiste.“

Ho solo accennato alla malattia, con il pudore che merita un tema sempre così difficile da trattare, da guardare. O lo fai con distacco oppure, se sei in qualche modo coinvolto, ci stai male fino alle lacrime, fino all’ultima pagina, ringraziamenti inclusi.

“Chi resta non vuole guardare in faccia la fine, perché la fine è un fallimento.“

La ricerca, nonostante le tante difficoltà, sta andando avanti. Incrociamo le dita, tutti. Perché il bianco? Lo troverete nel libro.

“Perché la malattia è bianca, e la morte pure lo è, e il bianco non si esprime per menzogne. Contiene tutto.”

//www.instagram.com/leparolecre...

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Lettura consigliata in un momento di pandemia globale. Lettura consigliata in un momento di instabilità politica. Lettura consigliata ogni qual volta si senta un attacco al sistema della sanità pubblica.

Convivere con una malattia cronica.
Convivere con la diagnosi, con l'incertezza della prognosi, con un marchio invisibile, indelebile, immenso.
Francesca Mannocchi racconta tutte le fasi che attraversa chi deve fare i conti con una diagnosi di questo tipo, dall'incredulità iniziale ("non può succedere a me"), dalla rabbia e dai pensieri cattivi ("non voglio diventare come "loro") fino alla costruzione di una nuova esistenza, fatta di nuovi ritmi, controlli, terapie e chili di domande ("peggiorerà?
Convivere con una malattia cronica.
Convivere con la diagnosi, con l'incertezza della prognosi, con un marchio invisibile, indelebile, immenso.
Francesca Mannocchi racconta tutte le fasi che attraversa chi deve fare i conti con una diagnosi di questo tipo, dall'incredulità iniziale ("non può succedere a me"), dalla rabbia e dai pensieri cattivi ("non voglio diventare come "loro") fino alla costruzione di una nuova esistenza, fatta di nuovi ritmi, controlli, terapie e chili di domande ("peggiorerà? riuscirò a portare a termine questo o quel progetto?")
È un libro crudo, l'autrice non addolcisce la pillola e non cerca di romanticizzare la malattia, né tenta di apparire come un'eroina tragica che accetta impavidamente il proprio destino, anzi decide di mostrarsi in tutta la sua umana fragilità. Ed è proprio questo a rendere il suo racconto tanto potente: ci si riconosce in lei, nelle sue paure, nei suoi pensieri a volte crudeli, a volte egoisti, sempre così umani.
Emerge in tutta la sua potenza il ritratto una persona più forte di qualsiasi eroina da romanzo, una donna capace di viaggiare in paesi in guerra per raccontare con onestà e precisione cosa accade in quei luoghi, nonostante una malattia che avrebbe spezzato molte eroine da romanzo, ma non lei.
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May 28, 2021 Gloria rated it really liked it

"È per gli altri che vogliamo essere perfetti, bellissimi, desiderabili. È dagli altri che cerchiamo approvazione. È l'altro che ci vede e vedendoci ci racconta, è l'altro a suggerirci chi siamo. È lo sguardo, dunque, la gabbia? Da quando ho la sclerosi multipla questo interrogativo combina la storia del mio corpo fin qui, la bambina mal vista, in posa, che sono stata, e gli effetti di essere trattata - da malata - con compassione, cioè il timore che la pietà possa finire per coincidere con me". "È per gli altri che vogliamo essere perfetti, bellissimi, desiderabili. È dagli altri che cerchiamo approvazione. È l'altro che ci vede e vedendoci ci racconta, è l'altro a suggerirci chi siamo. È lo sguardo, dunque, la gabbia? Da quando ho la sclerosi multipla questo interrogativo combina la storia del mio corpo fin qui, la bambina mal vista, in posa, che sono stata, e gli effetti di essere trattata - da malata - con compassione, cioè il timore che la pietà possa finire per coincidere con me".

Il corpo di Francesca Mannocchi si ribella su se stesso, accartocciandosi. La sclerosi multipla è una malattia molto comune, di cui ancora si sa poco. Come ogni malattia cronica, ci si identifica nello stato di malato e uscirci è impossibile. Questo mi ha fatto riflettere sui malati e sul senso che la società dá ad essi. È un po' come se prima della malattia ti ritrovassi in una categoria, e dopo in un'altra.
Quello della malattia è il cerchio della solitudine, delle visite che costano un pacco di soldi (anche se, sulla carta, i malati cronici dovrebbero essere coperti interamente dal sistema sanitario nazionale), di barriere invalidanti.
Ammalarsi nel cammino della vita permette di cambiare le lenti e conoscere quello che si prova vedendosi trattare come un malato: la vergogna.
La malattia è una gabbia se relegata in un cerchio blindato, se non si hanno gli strumenti di accesso per fronteggiare questa vergogna, che l'autrice ha saputo raccontare, ma che molti nella stessa condizione possono avere difficoltà a verbalizzare.

All'esperienza di malattia di Francesca Mannocchi, si aggiunge quella della maternità, quasi contemporaneamente. Sono aspetti intrecciati che hanno a che fare con il corpo, con i pezzi della propria vita, che l'autrice si immagina come una matrioska: il bianco (la malattia) si apre a metà e dentro c'è una donna, e dentro c'è un figlio, e dentro ancora una bambina. Una bambina che desidera essere vista nella sua interezza. Che vorrebbe dire "vedetemi intera".
Il senso che l'autrice dà alla sua malattia è personale e politico, e quello che diventa poi importante è una cura collettiva, per sopperire al male.

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Apr 25, 2021 Girin 18 rated it it was amazing

This review has been hidden because it contains spoilers. To view it, click here. Francesca Mannocchi si racconta. Siamo abituati ai suoi articoli sulla Libia, su Iraq, sulla guerra e l'immigrazione. Siamo abituati a leggere la forza e la dedizione che mette nel suo lavoro con la grinta che solo una buona giornalista come lei può portare ai nostri occhi.
In questo libro conosciamo la parte buia di Francesca, la sua lotta costante e il suo distacco emotivo del suo quotidiano.
Racconta la sua malattia, la sua visione della vita e la sua infanzia che l'ha portata ad essere ciò ch
Francesca Mannocchi si racconta. Siamo abituati ai suoi articoli sulla Libia, su Iraq, sulla guerra e l'immigrazione. Siamo abituati a leggere la forza e la dedizione che mette nel suo lavoro con la grinta che solo una buona giornalista come lei può portare ai nostri occhi.
In questo libro conosciamo la parte buia di Francesca, la sua lotta costante e il suo distacco emotivo del suo quotidiano.
Racconta la sua malattia, la sua visione della vita e la sua infanzia che l'ha portata ad essere ciò che è ora per affrontare il futuro incerto del suo cammino.
Cosa rende speciale questo libro da leggero realmente?. Lo rende speciale perché siamo abituati a vedere una Mannocchi diversa, mentre qui toglie la sua maschera da giornalista in prima linea per raccontarsi e mettere a nudo le sue paure raccontando il suo essere oggi attraverso il suo passato.
Non mancano parti tristi decisamente, ma c'è anche i ricordi più belli, come quello di nonna Rita. La malattia l'ha resa più fredda ancora, con la paura di non riuscire più ad essere ciò che era e ciò che è.
Per conoscere davvero questa persona e capire l'enorme forza che ha è indispensabile la lettura di questo libro per conoscere lei, Pietro, la nonna Rita e tutta la famiglia. Nella speranza che Francesca possa continuare per sempre a nuotare con il figlio al largo, posso solo aspettare il prossimo articolo giornalistico, il prossimo viaggio e le prossime foto che Francesca Mannocchi usa per mostrarci la disperazione in luoghi lontani che molto spesso non ci toccano nemmeno.
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"La vita dei malati è una storia di prime volte". Queste sono alcune delle parole che l'autrice usa per introdurre il lettore al mondo, volutamente sconosciuto, dell'emotività del malato, del paziente, di chi non ha scelto di avere dentro qualcosa che non va. Francesca Mannocchi è capace di rendere quasi visibili quei sentimenti che, inaspettatamente, mi sono resa conto essere quasi propri di chi è paziente. Durante tutta la lettura, nonostante il filo conduttore, a partire dal titolo, sia la ma "La vita dei malati è una storia di prime volte". Queste sono alcune delle parole che l'autrice usa per introdurre il lettore al mondo, volutamente sconosciuto, dell'emotività del malato, del paziente, di chi non ha scelto di avere dentro qualcosa che non va. Francesca Mannocchi è capace di rendere quasi visibili quei sentimenti che, inaspettatamente, mi sono resa conto essere quasi propri di chi è paziente. Durante tutta la lettura, nonostante il filo conduttore, a partire dal titolo, sia la malattia, non ho mai percepito Francesca come "la donna malata", bensì come una donna che ha trovato nel nero su bianco un mondo in cui vivere ed essere semplicemente se stessa. Francesca è una donna, una mamma, una giornalista, una figlia e tutti gli altri aggettivi che le si potrebbero dare, così come questi, non vengono mai esplicitamente definiti, sono deducibili dal modo in cui lei racconta il suo mondo interiore. È uno di quei libri che si potrebbe leggere tutto d'un fiato, eppure io in alcuni passi ho dovuto necessariamente chiudere i fogli in cui parla Francesca e concentrarmi su quello che si stava scatenando dentro me stessa. È un libro carico di talmente tanti spunti di riflessione che ignorarli o rinviarli non renderebbe completa la lettura. Traspare, in ogni racconto, la delicatezza; anche il dolore è delicato, delicato ma imponente, proprio come il bianco. ...more

È un libro introspettivo, molto spesso addirittura intimo. Francesca analizza e racconta la propria esperienza nella scoperta e nella convivenza con la malattia.
Si insinua nelle ipocrisie dove i sani nascondono i giudizi inespressi, ma sottintesi. Trascina allo scoperto chi evita di affrontare l'argomento per far finta che non esista. Dà voce alle paure e alle difficoltà di chi è malato.
Non offre sconti, né tolleranza, tanto verso gli altri, quanto verso sé stessa.
Espone le sue debolezze, ma riv
È un libro introspettivo, molto spesso addirittura intimo. Francesca analizza e racconta la propria esperienza nella scoperta e nella convivenza con la malattia.
Si insinua nelle ipocrisie dove i sani nascondono i giudizi inespressi, ma sottintesi. Trascina allo scoperto chi evita di affrontare l'argomento per far finta che non esista. Dà voce alle paure e alle difficoltà di chi è malato.
Non offre sconti, né tolleranza, tanto verso gli altri, quanto verso sé stessa.
Espone le sue debolezze, ma rivendica la sua verità che non ha paura di mostrare, al contrario di chi, invece, la giudica sottovoce.
Due frammenti:

chi sopravvive al male di un altro non ama la verità spudorata della morte, così la trucca con frasi incoraggianti. [...] Sono i vivi che vogliono essere ingannati, sono i vivi che hanno paura.
I malati, no. I malati lo sanno, che stanno morendo, anche quando fingono per non far soffrire chi resta.

Tante volte mi sono sentita dire che sono spietata, da quando sono malata.
La cattiveria del malato giace in questo, credo, vorresti contagiare le persone che hai intorno con quello che la malattia ti ha rivelato e portarle dove non ci sono maschere per la vergogna.
Dove siamo, tutti, smascherati.
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Nov 30, 2021 sumerkidestate rated it really liked it

"La malattia è un'amputazione e l'arto fantasma è l'autonomia."

(Autonomia come pieno possesso delle proprie facoltà nei confronti di sé, degli altri, del proprio tempo presente e futuro.)

Quando togli l'autonomia, le relazioni che intessono la tua vita e il mondo che ti circonda tendono a mutarsi rapidamente in 'ragnatele'.

F.M. descrive ognuna di queste 'ragnatele' servendosi delle parole - meglio se lucide e implacabili - come mezzo di autosalvazione.
Grazie all'ostinata ricerca delle parole per

"La malattia è un'amputazione e l'arto fantasma è l'autonomia."

(Autonomia come pieno possesso delle proprie facoltà nei confronti di sé, degli altri, del proprio tempo presente e futuro.)

Quando togli l'autonomia, le relazioni che intessono la tua vita e il mondo che ti circonda tendono a mutarsi rapidamente in 'ragnatele'.

F.M. descrive ognuna di queste 'ragnatele' servendosi delle parole - meglio se lucide e implacabili - come mezzo di autosalvazione.
Grazie all'ostinata ricerca delle parole per descrivere tutte quelle 'ragnatele', potrà comprenderle e schivarle e potrà arrivare a un ri-conoscimento di sé oltre la malattia.

Parole per descrivere e capire meglio il corpo che la tradisce, parole per far riemergere voci dimenticate, dialoghi onirici tra la sé sana che non sarà mai più e la sé attuale malata persempre, lettere al figlio di quattro anni (la maternità per certi versi come una sorta di gemellaggio con la malattia).
Parole per riformulare quell'I will yes al mondo attraverso un corpo ora diventato gabbia.
Parole per accettare di lasciar andare.

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“Il primo pensiero, irrazionale: non può capitare a me. Il secondo, lucido: niente più autodiagnosi su internet. È stato l’esordio di una domanda che ancora mi accompagna: dove finisce la razionalità dei razionali di fronte alla malattia?”

Francesca con questo libro ci prende per mano e ci accompagna dentro la sua vita, di ragazza, di donna, di figlia, di madre, di figlia malata. Ci racconta la sua storia, ci porta nel suo dolore, il dolore di una malattia che c’è ma non si vede. La malattia sfum

“Il primo pensiero, irrazionale: non può capitare a me. Il secondo, lucido: niente più autodiagnosi su internet. È stato l’esordio di una domanda che ancora mi accompagna: dove finisce la razionalità dei razionali di fronte alla malattia?”

Francesca con questo libro ci prende per mano e ci accompagna dentro la sua vita, di ragazza, di donna, di figlia, di madre, di figlia malata. Ci racconta la sua storia, ci porta nel suo dolore, il dolore di una malattia che c’è ma non si vede. La malattia sfuma il futuro, impedisce di pensarlo, di desiderarlo, di costruirlo. Francesca si svela raccontando le sue fragilità, le sue paure, sue e di tutti i malati invisibili. È un libro che apre a molti spunti di riflessione. È un invito a ricercarsi, a fare pace con sé, a deporre le armi, ad accettarsi nella condizione di malati, a volersi bene, a venire a patti con la rabbia, con la vergogna, con il bisogno di chiedere aiuto. É un libro prezioso, che ho amato. Le pagine sono intime, reali, dure, piene di emozioni. Difficile trovare le parole giuste per parlarne. Semplicemente da leggere.

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Feb 19, 2021 Alberto rated it really liked it

La malattia è un sasso che fa i cerchi nell'acqua.
Francesca Mannocchi ci vuole far entrare in contatto con la realtà di chi è malato e di chi diventa malato di punto in bianco, finendo sballottato e "smucinato" da qualcosa che ti fa sembrare integro ma che in realtà ti manomette dall'interno.
Si passa da un reportage dalla zona di guerra chiamata "ospedale", ai racconti di un'infanzia ancora vivida e priva di tempo, dal senso di impotenza di una madre alla parole non dette di un padre.
Un libro
La malattia è un sasso che fa i cerchi nell'acqua.
Francesca Mannocchi ci vuole far entrare in contatto con la realtà di chi è malato e di chi diventa malato di punto in bianco, finendo sballottato e "smucinato" da qualcosa che ti fa sembrare integro ma che in realtà ti manomette dall'interno.
Si passa da un reportage dalla zona di guerra chiamata "ospedale", ai racconti di un'infanzia ancora vivida e priva di tempo, dal senso di impotenza di una madre alla parole non dette di un padre.
Un libro che ti entra dentro e ti trasmette un senso ingombrante, ti mette a disagio e ti fa pensare che il tempo che ti appartiene da un momento all'altro potrebbe non appartenerti più.

"Non lo sapevo, quel giorno sotto le luci al neon,
nel seminterrato della clinica privata romana,
ma ora so che ho un danno,
che il mio danno è di colore bianco
e che il condizionale è un modo miserabile".

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Mar 25, 2022 Carola rated it liked it

Un viaggio dalla scoperta della malattia alla convivenza con essa che Manocchi lega indissolubilmente al rapporto dolceamaro con la gravidanza e la maternità e le difficoltà dell'avere una carriera ed essere madre allo stesso tempo. Tematiche complesse e calde che Manocchi problematizza con uno stile semplice e diretto, attraverso il filtro intimo e personale dell'esperienza diretta e occasionalmente arricchito da citazioni letterarie e filosofiche sapientemente collocate.
Quello che emerge è un
Un viaggio dalla scoperta della malattia alla convivenza con essa che Manocchi lega indissolubilmente al rapporto dolceamaro con la gravidanza e la maternità e le difficoltà dell'avere una carriera ed essere madre allo stesso tempo. Tematiche complesse e calde che Manocchi problematizza con uno stile semplice e diretto, attraverso il filtro intimo e personale dell'esperienza diretta e occasionalmente arricchito da citazioni letterarie e filosofiche sapientemente collocate.
Quello che emerge è un racconto privato, emozionante e sincero, di un periodo complesso ed estremamente intimo della vita dell'autrice.
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Una nuova consapevolezza
Una storia vera, dura, a tratti spietata, come la malattia della scrittrice. Mi sono emozionata più volte leggendolo e non sono riuscita a leggerlo tutto d'un fiato perché le emozioni erano troppe. La giornalista non scrive solo della malattia, ma anche dei rapporti con se stessa e con la sua famiglia. Un libro che consiglio a tutti, soprattutto agli operatori sanitari e agli studenti che sognano un futuro con il camice bianco, per prendere consapevolezza della fatica di
Una nuova consapevolezza
Una storia vera, dura, a tratti spietata, come la malattia della scrittrice. Mi sono emozionata più volte leggendolo e non sono riuscita a leggerlo tutto d'un fiato perché le emozioni erano troppe. La giornalista non scrive solo della malattia, ma anche dei rapporti con se stessa e con la sua famiglia. Un libro che consiglio a tutti, soprattutto agli operatori sanitari e agli studenti che sognano un futuro con il camice bianco, per prendere consapevolezza della fatica di un paziente cronico.
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Un libro commovente, straziante e che racconta tante verità: il dolore consapevole di doverci ma non volerci convivere, la paura di non avere tempo e dell’essere inevitabilmente soli (perché l’uomo ha, per sua natura, paura della malattia e per “pudore” non chiede - o per timore di dover ammettere di essere più “fortunato” quasi come se fosse una colpa)... ho letto i capitoli più struggenti con un trasporto tale da non riuscire a smettere di piangere! Ha mosso tante emozioni! Grazie Francesca!!

May 19, 2021 Bocram rated it really liked it

Un paio di occhiali con cui guardare come possono essere influenzate, deviate, rivalutate, rilette, ... le vicende della vita di una persona che incontra qualcosa di così destabilizzante.
Non sono i miei occhiali e quindi non sono sicuro di aver visto meglio (sicuramente non peggio) anche e soprattutto perchè un conto è vederle dall'esterno e tutta un'altra storia è viverle.
Un paio di occhiali con cui guardare come possono essere influenzate, deviate, rivalutate, rilette, ... le vicende della vita di una persona che incontra qualcosa di così destabilizzante.
Non sono i miei occhiali e quindi non sono sicuro di aver visto meglio (sicuramente non peggio) anche e soprattutto perchè un conto è vederle dall'esterno e tutta un'altra storia è viverle.
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Francesca Mannocchi scrive per «L'Espresso» e collabora da anni con numerose testate, italiane e internazionali, e televisioni. Ha realizzato reportage da Iraq, Libia, Libano, Siria, Tunisia, Egitto, Afghanistan. Ha vinto vari premi giornalistici tra cui il Premio Ischia, il Premio Giustolisi e il Premiolino 2016. Francesca Mannocchi scrive per «L'Espresso» e collabora da anni con numerose testate, italiane e internazionali, e televisioni. Ha realizzato reportage da Iraq, Libia, Libano, Siria, Tunisia, Egitto, Afghanistan. Ha vinto vari premi giornalistici tra cui il Premio Ischia, il Premio Giustolisi e il Premiolino 2016. ...more

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