Il linguaggio del corpo come modalità comunicativo espressiva

Ora che abbiamo spiegato i vari tipi di linguaggio del corpo con esempi, non resta che illustrare come utilizzare queste conoscenze nella comunicazione sul lavoro. Nel mondo del lavoro saper interpretare e usare correttamente il linguaggio del corpo è una delle soft skills di un dipendente.

Già nel colloquio di presentazione il linguaggio del corpo gioca un ruolo decisivo. Il lasso di tempo a disposizione di entrambe le parti per dare un'impressione all'altra è limitato e quindi i segnali non verbali influiscono più del solito nella valutazione reciproca, soprattutto perché si parla solo di competenze tecniche, da cui non si può però trarre davvero un'immagine realistica dell'altro.

Per i candidati, è importante dare un'impressione di sicurezza senza risultare presuntuosi. Scoprite prima (o chiedete a parenti e amici) quali gesti tradiscono il vostro nervosismo e cercate di evitarli. Chi ad esempio gioca sempre con una ciocca di capelli o si accarezza la barba può provare a incrociare le mani. Inoltre, durante il colloquio dovreste stare seduti assumendo una posizione rilassata ma dritta. Chi si appoggia allo schienale con le gambe incrociate sembra subito disinteressato e privo di motivazione.

Chi invece conduce il colloquio dovrebbe prestare particolare attenzione all'invio di segnali positivi al fine di creare un'atmosfera rilassata di conversazione e non rendere nervoso il candidato. Per farlo, bisogna assumere espressioni facciali amichevoli e fare domande di tanto in tanto. Se avete domande critiche, non affrontate direttamente il candidato, ma usate il collaudato metodo sandwich combinando le critiche con aspetti positivi e mitigando quindi l'effetto.

Un'altra situazione tipica in cui il linguaggio del corpo gioca un ruolo importante è la negoziazione. Che si tratti di trattative contrattuali con i clienti o negoziazioni salariali con il capo, queste conversazioni sono generalmente caratterizzate dal fatto che le parti in causa hanno idee diverse e devono trovare un compromesso. Gli aspetti già illustrati per il colloquio di presentazione si applicano anche in questo caso. Inoltre, si possono utilizzare gesti mirati con i quali segnalare simpatia alla controparte pur esprimendo chiaramente il proprio punto di vista.

Una strategia collaudata nelle negoziazioni è la cosiddetta tecnica dello specchio in cui si assumono con discrezione piccoli atteggiamenti dell'interlocutore, comunicando quindi discretamente che si è sostanzialmente d'accordo e che si riesce a comprendere la "posizione dell'altro". Se la conversazione minaccia di degenerare in una discussione accesa, cambiare la disposizione dei posti può contribuire a calmare gli animi. Ad esempio, se si è seduti uno di fronte all'altro, con un pretesto è possibile spostarsi accanto alla controparte, purché lo spazio lo consenta. Ciò comunica che entrambi alla fine hanno in mente lo stesso obiettivo e devono solo concordare come raggiungerlo.

Se siete già nel mezzo di una discussione, gesti di calma, come mostrare uno o entrambi i palmi (ma attenzione: evitate la postura difensiva) o abbassare silenziosamente le mani possono allentare la tensione negativa.

Tuttavia, non bisogna lasciarsi deviare troppo dalla propria posizione e, se la situazione lo consente, lo si può dimostrare chiaramente. In questo contesto, incrociare le braccia, un gesto che di norma dovrebbe essere evitato nella conversazione diretta, è il segno che avete raggiunto il limite di sopportazione e che non vi sposterete più dalle vostre posizioni.

Indipendentemente dalla strategia scelta, è importante non lasciarsi trasportare dalle proprie emozioni e avere sempre fiuto sui segnali appropriati e utili. A quel punto potrete usare il linguaggio del corpo in modo mirato a vostro vantaggio.

Vi preghiamo di osservare la nota legale relativa a questo articolo.

Il linguaggio del corpo come modalità comunicativo espressiva

Il linguaggio del corpo come modalità comunicativo espressiva

Il linguaggio del corpo come modalità comunicativo espressiva

Il linguaggio del movimento e le attivit� motorie espressive.

1) Il linguaggio del movimento e le sue forme.

Posto che per alcuni Autori si pu� parlare di linguaggio, in termini appropriati e corretti, solo a proposito di quello verbale, ormai tuttavia anche nella cultura pedagogica si parla di linguaggio per tutti i sistemi di segni, talch� ci si riferisce ad un linguaggio visivo (o visuale quando i segni sono culturali e non naturali) intendendo l'organizzazione dei fenomeni visivi come la visione binoculare, le illusioni ottiche, la prospettiva ecc. (o dei segnali visuali dell'opera d'arte come la linea, il colore, la luce, la composizione ecc.). Oppure si parla di un linguaggio sonoro come organizzazione dei segni uditivi naturali (rumori, silenzio ecc.) e culturali (suoni, pause, ritmi ecc.). In tal senso dunque sussiste anche un linguaggio del movimento inteso come organizzazione di segni gestuali o motori o corporei (cfr. bib. 1).  Ma in questo ambito possiamo trovare diversi sistemi linguistici:

a) quello che fa riferimento all'espressione spontanea dell'emozione e dell'affettivit� (che d'ora in poi chiameremo LINGUAGGIO DEL CORPO.  Si tratta di un sistema in gran parte inconscio (e precisamente � il linguaggio corporeo dell'inconscio) e consiste in un complesso di regolazioni riflesse e automatiche del tono muscolare, dell'atteggiamento posturale, della mimica facciate e gesticolatoria, della distanza personale e dell'uso dello spazio circostante e cos� via.  In realt�, da linguaggio principale che � nel neonato (cfr. bib. 2), diventa o un PARALINGUAGGIO e cio� un linguaggio che affianca quello verbale per arricchire la comunicazione nella vita quotidiana, venendo progressivamente anche sottoposto ad un apprendimento di tipo culturale (cfr. la Cinesica di bib. 3); oppure FUNZIONE SIMBOLICA che si esprime sia nell'imitazione spontanea e nel gioco simbolico del bambino (cfr. bib. 4), sia anche nel sintomo psicosomatico o nel rituale motorio della malattia mentale e della difficolt� relazionale: come inconscio che gioca tanto il bambino normale che l'adulto malato, nevrotico o psicotico (cfr. bib. 5 e 6).

Da questa matrice originaria, mai eludibile del tutto, con la crescita si differenziano almeno altre due forme motorie del linguaggio; si tratta di:

b) quella che fa riferimento all'organizzazione prassica (motoria) dello spazio, del tempo, dello schema corporeo, che si pu� considerare il materiale primario e contemporaneamente anche lo strumento fondamentale di sviluppo delle operazioni mentali infralogiche piagetiane e che consiste nel gesto utile, finalizzato, produttivo, adattato; un gesto al cui sviluppo concorrono sia la maturazione dei sistemi organici (struttura) che l'apprendimento delle abilit� motorie (funzione).  Dallo schema sensomotorio del bambino (cfr. bib. 7) questo linguaggio, che chiameremo d'ora innanzi LINGUAGGIO MOTORIO, d� luogo sia al gesto funzionale del gioco motorio fino al gesto atletico e sportivo, sia alla motricit� abile del lavoro manuale e della produttivit� creativa dell'arte plastica e costruttiva;

c) quella, infine, che fa riferimento ad una gestualit� comunicativa intenzionale secondo un sistema di regole culturalmente determinate e perci� condivise anche se per lo pi� artificiali (che chiameremo d'ora in poi LINGUAGGIO GESTUALE), e che consiste nel linguaggio dei gesti di fine utilitaristico (come il linguaggio dei sordomuti e altri sistemi di comunicazione non verbale affini), oppure di fine artistico ed estetico come l'animazione, la drammatizzazione, il ballo e la danza, ed anche tutti quegli sport dove l'efficacia del gesto non consiste tanto (o soltanto) nella prestazione atletica, quanto piuttosto, anche se applicata ad un ambito agonistico, nell'interpretazione di un canone estetico-gestuale (pattinaggio artistico, nuoto sincronizzato, ginnastica ritmica moderna ecc.). Questo linguaggio ha un'origine espressiva da quello spontaneo (e inconsciamente intenzionale) che abbiamo chiamato linguaggio del corpo, poi per� progressivamente si culturalizza divenendo intenzionale anche nella dimensione della consapevolezza e perci� diviene suscettibile di evoluzione solo se trattato da un linguaggio verbale in funzione metacognitiva (quando cio� un linguaggio parla di un altro linguaggio).

Le caratteristiche che distinguono in modo peculiare il linguaggio del movimento genericamente inteso da quello verbale sono varie; ma quelle pi� importanti comunque sono almeno due:

a) se il linguaggio � un sistema di segni condivisi, � necessario chiarire bene di quali segni si serve.  Il segno e un significante che si usa al posto del significato (ad esempio la parola l'albero", o il disegno di un albero, o lo schema sensomotorio dell'arrampicarsi, o il suono dello stormire di fronde, o l'odore caratteristico di un albero sono tutti elementi che possono rappresentare il concetto di "albero", e cio� sono significanti del medesimo significato).  Mettendo da parte il problema della costruzione del significato e appuntando l'attenzione sul significante, si pu� dire che i segni sono di 3 differenti tipi:

1) SEGNALI e INDICI, rispettivamente quando sono sia una parte del significato (come i segni del I sistema di segnalazione di Pavlov  - cfr. bib. 8 - ovvero, nell'esempio soprariportato, quelli che sono indicati con i percetti sonoro e olfattivo); e sia quando sono intrinsecamente legati al significato (come l'ombra all'albero o il fumo al fuoco);

2) SIMBOLI, quando il segno, pur non essendo intrinsecamente legato al significato, gli � collegato tramite l'analogia, cio� quel rapporto che caratterizza anche il legame espressione-significato nelle forme chiamate dal linguista retoriche o parlar figurato (come la metafora e la metonimia) appartenenti al linguaggio verbale fonetico, e che sussistono anche nel linguaggio verbale scritto non fonetico (per ideogrammi) e nei linguaggi non verbali (come nella lingua dei segni dei non udenti).

3) SEGNI, quando si tratta di significanti del tutto arbitrari, come le parole. Per tutto ci� che si � detto, s� pu� concludere che i segni utilizzati dal  linguaggio del corpo sono del primo tipo finch� si rimane nella sfera della naturalit� organica, ma diventano del secondo, e cio� simboli che rimandano ad altro, dopo l'interpretazione (del medico, del genitore, del docente ecc.); i segni utilizzati dal  linguaggio motorio sono del primo tipo (precisamente indici che si formano nell'azione: i percetti degli gli schemi motori) e tali rimangono, anzi si pu� dire che in essi il significante (il percetto dello schema motorio) � il significato (l'azione motoria).  Nel linguaggio gestuale i segni utilizzati sono del secondo tipo (simboli) e tendono a divenire del terzo (cfr. bib. 9).

b) La seconda differenza sostanziale tra linguaggio del movimento genericamente inteso e linguaggio verbale � quella osservata da L. Calabrese: i linguisti postulano un complesso di regole che denominano Grammatica Generativa Trasformazionale (o LAD per Chomsky) che giustifica la capacit� del parlante di costruire un complesso infinito di enunciati a partire da poche norme di base, o, meglio ancora, di passare dal piano del contenuto (struttura profonda) a quello dell'espressione (struttura superficiale).  Tale grammatica fa parte del patrimonio ereditario caratteristico della specie umana, mentre quello che si deve comunque apprendere � il repertorio degli elementi, i vocaboli nel senso comune o, nei termini linguistici, i monemi (fonemi, lessemi e morfemi). Orbene, nel linguaggio del movimento genericamente inteso ci� che viene ereditato � il repertorio degli elementi (i riflessi neonatali da cui si sviluppano tutti gli schemi motori e posturali sia per maturazione che per apprendimento), mentre ci� che viene appreso � la coordinazione, cio� la regolazione della gestualit� (cfr. bib. 10).

2)  Itinerario dell'educazione al linguaggio gestuale.

Quella precariet� scientifica che avevo avuto modo di rilevare in occasione dei primi due itinerari didattici, al fine anche di ridimensionare le pretese normative delle proposte tassonomiche che stavo per indicare in relazione a ciascun campo educativo in esame, � qui pi� viva che mai.  E a tal punto ci� � rilevabile che, anche se non voglio rinunciare a stendere la classificazione degli obiettivi secondo una presunta filiazione genetica dei medesimi l'uno dall'altro, l'intento pi� realistico del lavoro � soltanto quello di cogliere dalle diverse tecniche teatrali quei materiali che si prestino, in modo peculiare e rispettoso delle finalit� della scuola primaria, a favorire il passaggio dalla dimensione dell'espressivit� spontanea a quella della comunicazione gestuale intenzionalmente e programmaticamente perseguita, arrestando l'ordinamento alle prime soglie della drammatizzazione, intesa come complesso delle tecniche di messa in scena vera e propria, per le quali si rimanda ad altre e pi� approfondite pubblicazioni.

In questo breve excursus emergono anche molti concetti relativi al linguaggio teatrale con cui si designano e si definiscono precisamente le operazioni principali implicate nel dar senso all'atto educativo e su cui � senz'altro necessario avere idee chiare: come animazione e improvvisazione, drammatizzazione e interpretazione, imitazione e simbolizzazione.  Per un approfondimento dei concetti implicati, quindi, si rimanda ad un'attenta lettura della bib. n. 11 e 12 per i fondamenti,  13, 14, 15 e 16 per gli aspetti pi� strettamente educativi e didattici.

La proposta didattica, dunque, si articola molto semplicemente nei due livelli operativi gi� citati, ma ciascuno di essi � poi graduabile su almeno altre due modalit� di realizzazione che, cos�, raddoppiano i piani dell'intervento didattico.  Infatti l'espressione spontanea parte dalla dimensione dell'improvvisazione, dove il docente suggerisce i temi da esprimere, funzionando un po' da induttore o facilitatone dell'espressione, per approdare alla fabulazione, dove progressivamente si organizza, anche con l'intervento attivo dell'alunno (ed � proprio per questo che si inizia con lo strutturare insieme i vissuti relativi ad alcune esperienze gestite e controllate proprio dall'ambiente scolastico), l'elaborazione di una storia e perci� il medesimo alunno si pu� esprimere progettualmente all'interno di questo contesto narrativo dopo averne strutturato il significato.  'E evidente che in tal modo nei due livelli si possono esplicare differenti capacit� espressive e diverse abilit� motorie strumentali, adeguabili, in una ipotetica situazione di normalit�, (ed anche se soltanto in via del tutto indicativa, perch� bisogna pur tener conto del livello di complessit� dei contenuti specifici) alla scuola dell'infanzia il primo e al primo ciclo della scuola elementare il secondo.

            Ovviamente l'itinerario del linguaggio gestuale pu� accortamente intrecciarsi con i precedenti percorsi didattici (sulla coscienza del corpo e l'organizzazione dello spazio-tempo) raggiungendo effetti educativi ancor pi� rilevanti: ad esempio, per le mani, basta pensare alla sensibilizzazione entero, proprio ed extraccettiva; alla localizzazione e al controllo della tensione muscolare; alla nomenclatura e raffigurazione topografica; alla sensibilizzazione con piccoli e grandi attrezzi; all'orientamento e al dimensionamento percettivo-prassico tipici dei primi obiettivi dei precedenti itinerari, collegati al lavoro espressivo di questo capitolo.

E tuttavia � bene tener presente la caratterizzazione principale di questo ambito rispetto ai precedenti: una caratterizzazione che consiste nel maggior investimento emotivo-affettivo sul corpo tramite la ricerca, sistematicamente perseguita, dello sconfinamento nel fantastico di quella dimensione dell'esperienza vissuta che prima � stata invece applicata prevalentemente ad una percezione sensibile finalizzata alla presa di coscienza della realt�.  E mentre prima le operazioni motorie infralogiche vengono sistemate all'interno di una struttura oggettiva che parla un linguaggio denotativo e si serve delle regole della logica, ora le operazioni motorie espressive creatrici di significati si sviluppano tramite un linguaggio connotativo e secondo le regole della metafora.

Questa differenza deve essere tenuta presente dal docente al fine di un efficace controllo del comportamento nell'insegnamento; un comportamento che deve dichiarare esplicitamente a quale dei due campi l'esercitazione si applica, perch� un eventuale atteggiamento ambiguo pu� creare non poca confusione nell'allievo, almeno dopo le prime fasi di apprendimento globale.

Ugualmente accade per la comunicazione gestuale, dove si pu� avere un primo livello nell'imitazione mimica o nell'animazione corporea.  In questo ambito si struttura gi� una macchina scenica, anche se non per un vero e proprio pubblico, e si individua cos� un livello congruo all'operativit� caratteristica del passaggio dal primo al secondo ciclo elementare.  Una seconda dimensione, poi, � costituita dai giochi di drammatizzazione, dove l'esito pu� anche essere lo spettacolo finale e tuttavia ci� che pi� conta � il lavoro di preparazione a spiccato carattere interdisciplinare, individuando anche una dimensione operativa adeguata al passaggio dalla scuola elementare a quella media; qui infatti cominciano ad emergere le specificit� dei singoli linguaggi non verbali e del loro intreccio interdisciplinare (vedansi i relativi programmi d'insegnamento per la scuola elementare e media).

            In tal senso la tassonomia generale del linguaggio gestuale si presenta cos�:

1.   Sviluppo del linguaggio gestuale.

1. 1. Sviluppo dell'espressione spontanea.

1. 1. 1. Espressione spontanea in improvvisazione: del corpo, del viso, delle mani e delle altre

parti del corpo, con commento sonoro della voce, con la maschera e il costume.

1.   1.  2.  Espressione spontanea su fabulazione: le storie e le fiabe, le invenzioni e  i testi degli     alunni.

l. 2. Sviluppo della comunicazione gestuale.

l. 2. l. Imitazione gestuale e mimo.

l. 2. 2. Animazione corporea: le statue e le macchine.

l. 2. 3. Animazione delle ombre, delle marionette e dei burattini.

l. 2. 4. Drammatizzazione e giochi drammatici.

3) Materiali per l'educazione del linguaggio gestuale

l. Sviluppo del linguaggio gestuale.

l. l. Espressione spontanea.

Prerequisiti all'apprendimento sono sia un minimo livello di coscienza di s� e di controllo motorio del corpo (e cio�: delle capacit�: a) di controllo della contrazione e decontrazione muscolare anche massiva e non capace di fine localizzazione; b) di controllo elementare delle caratteristiche principali del movimento per direzione, ampiezza, velocit� e ritmo; c) di una certa coscienza delle posture e dello schema corporeo, almeno in senso globale) pi� una minima capacit� di rapportarsi agli altri, sia pure semplicemente nel gioco collettivo.

l. l. l. Espressione spontanea in improvvisazione.

Prova dell'apprendimento: il docente indica alcuni semplici stati d'animo (tristezza, gioia, ira, paura ecc.) e l'allievo assume le espressioni del volto pi� consone; oppure assume le posizioni del corpo pi� adatte; oppure compie un gesto di tipo generale (camminare, correre, saltare ecc.) cercando di variarlo per esprimere i diversi stati d'animo richiesti.

Il docente propone verbalmente mentre gli alunni improvvisano contemporaneamente e individualmente, poi a coppie e piccoli gruppi fino all'espressione collettiva di tutto il gruppo.

Il corpo come mezzo espressivo primario (cfr. bib. 17).

A - Il corpo dorme/ sta seduto/ sdraiato/ rannicchiato/ accucciato.  Cammina/ saltella/ corre/ spinge/ tira/ trasporta.  Si alza/ si piega/ si rimpicciolisce/ si dilata/ dondola/ danza.  'E allungato/ rigido/ rilassato/ contorto.  'E forte/ veloce/ stanco/ lento.  'E bambino/ giovane/ adulto/ vecchio.

    - Il corpo � albero/ collina/ montagna/ mare/ cavallo/ serpente/ uccello/ fiore/ roccia/ vortice/ orologio/ automobile/ ingranaggio/ automa.

B - Il corpo rifiuta/ chiede/ protegge/ implora/ prega/ disprezza. Il corpo come ricchezza/ pesantezza/ potere/ paura/ pensiero/ divinit�/ eroismo/ dignit�.

Il viso come mezzo espressivo primario (cfr. bib. 18).

A - Il viso � sorridente/ preoccupato/ dubbioso/ emozionato/ adirato/ spaventato/ piangente/ scherzoso.  Giochi cantati sull'espressione del viso (cfr. bib. 19).

    - Gli occhi guardano lontano/ spiano dal buco della serratura/ guardano dall'alto in basso.  Le orecchie ascoltano un'eco fievole/ suoni di musica dolce/ un rumore assordante.  La bocca sorride/ parla/ grida/ bisbiglia/ soffia/ sbadiglia fa boccacce.  Giochi con la voce e uso della voce narrante.

B - Gli occhi sono pensosi/ accigliati/ tristi/ innamorati/ distratti/ schivi/ soprappensiero/ vendicativi/ incerti/ sospettosi.

Le mani come mezzo espressivo primario (cfr. bib. 20).

A - Mani che si aprono/ si chiudono/ stringono/ diventano pugno/ toccano qualcosa di liscio/ di ruvido/ di freddo/ di bollente/ qualcosa che scivola via/ che si attacca/ che si ritrae.

    - Mani che scrivono a macchina/ infilano il filo nella cruna dell'ago/ fanno un nodo/ contano del denaro/ lavano le stoviglie/ salutano/ applaudono/ fanno un pacco.

    - Mani che usano attrezzi per avvitare/ forare/ tagliare/ graffettare/ affettare/ inchiodare/ piallare/ raspare/ cucire/ scolpire/ dipingere/ stirare/ cucinare.

B - Mani affettuose/ ansiose/ disperate/ che discutono/ che spiegano/ che provano dolore/ che scacciano/ che invitano/ attive/ pigre/ allegre/ tristi.

Analogamente braccia/ spalle/ piedi/ gambe ecc. come mezzo espressivo primario.  Lo sconfinamento nel fantastico � stimolato particolarmente dall'investimento indotto dalla maschera e dal trucco per il volto, dal costume per il corpo, da un supporto - attrezzo per il gesto.  Da ci� tutta l'importanza di disporre dei materiali (anche non strutturati e soltanto occasionali come indumenti smessi, pezze di stoffa, cartoni usati ecc.) necessari e delle tecniche di costruzione dei medesimi.  Dalla fase di induzione individuale (favorita dalla presenza di un oggetto per alunno), progressivamente si deve passare ad una fase collettiva al fine di sviluppare un vissuto di supporto all'immaginario condiviso dalla classe intera e su questo poi innestare le operazioni di analisi o di produzione individualizzate o di gruppo.

l. l. 2. Espressione spontanea su fabulazione.

Prova dell'apprendimento: il docente narra una breve storia e l'alunno l'interpreta espressivamente con gesti e utilizzando spazi, arredi e attrezzature a disposizione.  Per i pi� gravi � necessario partire con la fase espressiva solo dopo aver provocato una consistente sensibilizzazione del vissuto.

A - Dall'esperienza di una visita didattica, accanto alla costruzione di un'immagine culturale del corpo (descritta al j 6 del cap.  IV), si pu� cercare di sviluppare un'immagine fantastica e creativa del corpo tramite l'espressione gestuale e progressivamente in sintesi con altri codici espressivo/comunicativi (tracciatura, colorazione, sagomatura plastica, ritaglio e incollaggio, assemblaggio e costruzione, rumorizzazione, sonorizzazione e vocalizzazione, espressione linguistica e multimediale).  Un'altra dimensione che va perseguita progressivamente � quella che si caratterizza col passaggio dell'espressione individuale ad una sempre pi� collettiva e di gruppo, rispettando le dinamiche spontanee e favorendo le aggregazioni (cfr. bib. 21).

    - Dallo spettacolo televisivo, cinematografico ecc. sviluppo di storie gestuali su narrazione del docente (fase espressiva, cfr. bib. 22), poi su ricostruzione narrativa dell'alunno (fase progettuale) e infine con invenzione di esiti o passaggi narrativi nuovi (fase inventiva).

    - Reinvestimento fantastico della palestra (dell'aula o del laboratorio) e dell'attrezzatura con l'uso delle storie: "Ha scritto il mio amico Arcibaldo, Il treno, La foresta, Il circo, L'isola del tesoro" (cfr. bib. 23).  Costruzione delle prime storie da parte degli alunni con "Le carte storie", "Le parole sporgenti" o i materiali del "Progetto Elle" (cfr. rispettivamente bib.24, 25 e 26).

B - Costruzione in gruppo di testi narrativi inventati dagli alunni, su temi storici, antropologici, religiosi, scientifici ecc.

l. 2. Comunicazione gestuale.

Prerequisito all'apprendimento � un minimo sviluppo della capacit� simbolica (normalmente in via di costruzione con la nascita del linguaggio verbale dopo il primo anno di vita e via via affermantesi in altri campi simbolico-concettuali nel periodo della scuola materna).  In particolare l'attitudine richiesta � relativa all'uso di un codice espressivo condiviso con gli altri, in altre parole la costruzione collettiva di un campo semantico.

l. 2. l. Imitazione gestuale e mimo.

Prova dell'apprendimento: il docente indica la categoria di lavoro da imitare e l'allievo cerca di mimarla.  Oppure la categoria di sport o di atti della vita quotidiana, il personaggio storico o l'avvenimento culturale.

A - Gioco dello specchio e altri giochi imitativi.

    - Dopo adeguata osservazione dal vivo si imitano, prima individualmente poi a coppie e piccoli gruppi, i mestieri e i personaggi (anche di fantasia come il cow boy e il pellirosse visti al cinema), la natura e gli animali, la famiglia e la scuola.

B ~ Apprendimento del gesto mimico: 1) esercizi propedeutici (rilassamento, silenzio, spazio, vibrazione e articolarit�). 2) Azione reale a corpo libero (camminare, gesticolare, esercitarsi ai grandi attrezzi) e poi riproduzione mimica rallentata o accelerata, scomposta (movimento a scatti dell'automa) o globalmente accennata, al massimo dell'ampiezza o al minimo. 3) Azione reale sull'oggetto da manipolare prima e azione mimata senza oggetto reale poi, individualmente, a coppie e a gruppi. 4) Giochi mimici individuali (caccia alla zanzara, vestirsi e svestirsi, l'ubriaco, l'aviatore) e a coppie (i pugili, i lottatori, guardia e ladro, guerra di palle di neve). 5) Azione collettiva di gruppo con legamento al vestito, poi con attrezzo in funzione di legamento (bacchetta, cerchio, funicella, elastico), infine senza legamento ma mantenendo il contatto corporeo (tiro alla fune, respingere il nemico e altri giochi di caccia e lotta di squadra).  Per altre esperienze di sensibilizzazione all'uso dell'oggetto, dello spazio e del corpo cfr. bib. 27.

   - Scenette, azioni mimiche su testi inventati dagli alunni, mimo di poesie, racconti e cronache di Autori.

l. 2. 2. Animazione corporea.

Prova dell'apprendimento: su indicazione del docente esprimere staticamente (scultura) una situazione o animare individualmente o a coppie o a piccoli gruppi semplici fenomeni della natura o elementari macchine per la lavorazione dei campi o industriale.

A e B - Le sculture cfr. bib. 28 e 29.         I.

Utilizzando semplici movimenti e azioni del corpo anche preacrobatici (come rotolamenti, giri e capovolte, reptazione e quadrupede) eseguiti in particolari modi (con legamenti, sostegni, trasporti) e secondo precisi tempi (simultanei, alternati, immersi, a farandola) per esprimere simbolicamente determinate caratteristiche delle cose, rappresentare fenomeni della natura come le onde del mare, il vento tra gli alberi, lo sbocciare di un fiore, il guizzare di una fiamma.  Ugualmente rappresentare le pi� semplici operazioni di preparazione del pane e del vino, o di lavorazione del ferro e del legno, e in genere di tutte le produzioni agricole e artigianali.  Ugualmente rappresentare, fino alle pi� complesse operazioni, la produzione industriale come la costruzione di un'automobile alla catena di montaggio o all'automa.

l. 2. 3. Animazione delle ombre, delle marionette e dei burattini.

Prova dell'apprendimento: mediante le ombre proiettate contro il muro con le mani, col corpo e con sagome, oppure con burattini e le marionette raccontare una breve storia concordata .

A - Giochi d'ombre col corpo proprio.  Ricerca espressiva individuale (buio, luce, ombra e direzionalit� delle proiezioni); piccole azioni a coppie e in gruppo per la costruzione dell�ombra complessa e collettiva.

    - Costruzione dei burattini e delle marionette.  Giochi espressivi liberi.

B - Studio delle ombre con diversa disposizione dell'osservatore rispetto all'attore e al piano di proiezione. Studio della deformazione della sagoma del corpo, del travestimento, dell'incorporazione degli oggetti.

    - Lavoro in baracca e in teatrino. Giochi con lo schermo (cfr. bib. 30).

l. 2. 4. Drammatizzazione.

Prova dell'apprendimento: su un tema definito dal docente e condiviso dagli alunni, un gruppo di questi organizza una semplice ma completa rappresentazione con azione scenica, costumi, scenografia e commento sonoro.

A - Le fiabe per bambini e i racconti popolari.

B - Testi di complessit� (per la comprensione e la rappresentazione) adeguata alle capacit� degli allievi.

Pi� che indicare i contenuti che ciascun docente sar� in grado di decidere per proprio conto, mi sembra invece interessante ricordare i fondamentali elementi gestuali su cui avviare una esperienza di drammatizzazione: 1) l'azione del corpo e il gesto espressivo (cercare una sovrabbondanza di espressione: il gesto principale di una parte del corpo come il braccio nel saluto o il capo nel diniego deve essere sopportato dall'espressione di tutto il resto del corpo.  Cercare un'armonia generale del movimento: ripetere, per raggiungere fluidit� e naturalezza, il gesto in andata e in ritorno o all'indietro, che solitamente risulta pi� difficile, creando un ciclo continuo per ogni singola azione che cos� pu� essere ripetuta all'infinito). 2) Il controllo dello spazio e il rispetto dei tempi (Cercare il collegamento con l'altro: ogni azione di un personaggio va rapportata a quella di un altro; estrapolato questo sistema duale dal contesto generale, si deve elaborare con ricerca di sincronizzazione e direzionalit� reciproche.  Cercare il collegamento con la scenografia: ogni azione deve riferirsi anche al contesto scenografico definito dall�insieme costituito di arredo, scena dorsale e laterale, distanza dal pubblico; l'atto deve dipanarsi in questo contesto con equilibrio e significazione) cfr. bib. 31.

Biblio ed emerografia di riferimento.

1)   . G. Giugni, Esiste una comunicazione corporea?, in "Scuola e didattica" n. 18 del luglio 1984.

2) H. Wallon, L'origine del carattere nel bambino, Ed. Riuniti Roma 1974

1)   AA. VV.  Paralinguistica e cinesica, prospettive pedagogiche, Bompiani Milano 1970 e D. Efron, Gesto, razza e cultura, Bompiani Milano 1971.

4) J. Piaget, La formazione del simbolo nel bambino, La nuova Italia Firenze 1972.

5) D. H. Winnicott, Gioco e realt�, Armando Roma 1974.

6) A. Lowen, Il linguaggio del corpo, Feltrinelli Milano 1979.

7) J. Piaget, Psicologia e sviluppo mentale del bambino, Einaudi Milano 1970.

8) L. Mecacci, Cervello e storia, Editori Riuniti Roma 1977, da pag.     73.

9) M. Reuchlin, Manuale di Psicologia, Editori Riuniti Roma 1981, da pag. 234 a pag. 312.

10) L. Calabrese, Linguaggio motorio e comunicazione corporea. in "Ricerche didattiche" n. 284 dell'aprile 1985.

11)  G. Mollo, La funzione della competenza comunicativa per lo sviluppo dell'espressivit�, in "Cultura e scuola", anno XXX, n. 118 dell'aprile/giugno 1991.

12)  A. Pieretti, Espressione e comunicazione: un rapporto da ricostruire, in "Annali della P. I.", anno XXXIV, n. 6 del Novembre/dicembre 1988.

13)  A cura di M. T. Mignone, Ragazzi, teatro, animazione teatrale, in "Scuola viva", n. 9 dell'annata 1972.

14) G. Calendoli, Introduzione ai problemi della drammatizzazione, in "Quaderni della Cooperativa Teatro Stabile di Padova", n. 1 dell'annata 1973.

15)  B. Pellegrini, Guida al teatro nella scuola, Fabbri Milano 1982

16)  S. Missaglia, L'esperienza teatrale nella scuola, inserto di "Scuola e didattica" n. 11 del 15 febbraio 1982.

17) G. De Lazzari Mialich, Curriculum di animazione teatrale, Pacinotti Mestre 1985, par. 3.1 con adattamenti.

18) G. De Lazzari Mialich, Op.  Cit. par. 8.1 e 8.3 con adattamenti.

19)  P. Albertini, Giocogirotondo, La Nuova Italia Scientifica Roma 1980, da pag. 14 a pag. 17.

20)  G. De Lazzari Mialich, Op.  Cit. par. 6.1 con adattamenti.

21) A cura di R. Bassi e A. Neri, La scuola dell'infanzia e l'educazione psicomotoria, Il Mulino Bologna 1980.

22) M. Valentini e M. Amaducci, Il linguaggio del corpo in "Didattica del movimento" n. 56 di Maggio - giugno '88.

23) A. Imeroni e R. Margaira, C�era una volta la ginnastica,  Emme Milano 1976 da pag. 41 a pag. 68.

24) Le carte storie, disegnate da R. Avalle, Ed.  N. Milano, Bologna 1980.

25) A cura di A. Canevaro, Handicap e scuola, La Nuova Italia scientifica, Urbino 1987 "La drammatizzazione", "Le carte", "Le parole sporgenti" e "Traccia degli eventi emergenti".

26) IARD, Progetto Elle, Giunti e Lisciani Teramo 1986.

27)  A. Calvesi e A. Tonetti, Guida pratica all�insegnamento dell�educazione fisica nelle elementari, "L'espressivit� corporea" da pag. 197 a pag. 215.

28) T. Di Natale, Sensopercezione e motilit� negli handicappati, S. S. S. Roma 1983, da pag. 149 a pag. 168.

29) S. Trentin, Attivit� ludico-motoria per bambini dai 5 ai 10 anni, S. S. S. Roma s.d.

30) AA. VV., Un teatro per le ombre, da "Le attivit� integrative nella scuola e nel tempo libero" a cura del Comprensorio 5 della valle dell'Adige.

31) AA. VV.  Tutti in scena, da "Le attivit� integrative nella scuola e nel tempo libero" come sopra.

Cosa si intende con il linguaggio del corpo?

per linguaggio del corpo si intendono tutti i segnali consci e inconsci del corpo che forniscono informazioni sullo stato emotivo o sulle intenzioni di una persona. Ne sono un esempio tutte le espressioni non verbali di gesti, mimica, postura e movimento.

Come si chiama lo studio del linguaggio del corpo?

La cinesica (dal greco kinesis, movimento) è la scienza che studia il linguaggio del corpo. Il termine cinesica venne ideato dall'antropologo americano Ray Birdwhistell negli anni cinquanta del XX secolo.

Come i messaggi non verbali del linguaggio del corpo riescono a comunicare?

Sistema paralinguistico: ovvero il sistema vocale non verbale, che comprende il tono, la frequenza, il ritmo della voce, ma anche il silenzio. Sistema cinesico: riprende tutti gli atti comunicativi del corpo, come il contatto visivo, la mimica facciale, la gestualità e la postura.

Cosa sono i gesti in educazione fisica?

Sono gesti come mordersi il labbro, tamburellare le dita sul tavolo o toccarsi i capelli; essi compongono il comportamento comunicativo e fanno parte della grammatica del linguaggio corporeo legata all'espressività complessiva della persona. I gesti sono azioni non volontarie, e difficilmente controllabili.