l’agente ha una precisa funzione di utilità delle sue scelte attuali e future • la decisione avviene in base aun calcolo ottimizzante • la scelta è un processo istantaneo • Razionalità limitata: la conoscenza delle alternative è sempre incompleta • la conoscenza delle conseguenze delle azioni è imprecisa • le info sono costose • le preferenze non sono perfettamente ordinabili e variano nel tempo • la decisione avviene su base euristica e soddisfacente • la scelta è un processo sequenziale con progressivo aggiustamento tra mezzi e fini • L’approccio della raz. assoluta è qualcosa di difficilmente raggiungibile da un’ azienda. Quello della raz. limitata è più realistico. La razionalità può essere considerata una risorsa scarsa perché difficile da reperire. Lezione 5 Anche alcune decisioni semplici possono diventare così complesse da portare all’utilizzo della razionalità limitata. Quando invece i problemi sono analizzabili, logicamente strutturali e le variabili possono essere misurate ci si può avvicinare alla razionalità assoluta. Abbiamo anche una distinzione tra decisioni programmate e decisioni non programmate. Le decisioni programmate sono ripetitive e di routine e/o sono prese secondo una procedura consolidata e/o non debbono essere affrontate ex novo ogni volta. Se un certo problema si pone abbastanza frequentemente, di solito si elabora una procedura stabile per risolverlo. (es. procedura per decidere quando sostituire una fotocopiatrice in ufficio). Le decisioni non programmate quando sono nuove e non strutturate, con conseguenze insolite e/o non esiste un metodo preciso per affrontare un problema che non si è mai posto in precedenza e/o il problema ha natura e struttura complessa o elusiva e/o il problema è così importante da richiedere un trattamento su misura. (es. le decisioni strategiche, di acquisizione, fusione ecc). Quando si prendono decisioni programmate per la maggior parte si utilizza la “memoria aziendale (procedure, regole, prassi ecc), mentre quando si prendono decisioni non programmate si utilizza maggiormente l’ “intelligenza umana” (capacità intellettive). E’ importante anche considerare le competenze dei soggetti dal momento che gli individui non sono tutti uguali, non sono operatori logici e non devono essere visti solo come componenti di un meccanismo al quale devono adattarsi, ma devono essere visti come portatori di competenze che l’org dovrebbe valorizzare al meglio. Infatti è fondamentale che i soggetti vengano qualificati in termini di competenze, bisogni, motivazioni ed è importante individuare ex-ante il potenziale contributo che ognuno è in grado di dare all’azienda per influenzare il comportamento organizzativo (es. selezione, formazione, incentivi, engagement ecc). La competenza di un soggetto è una caratteristica intrinseca di un individuo causalmente correlata a una prestazione efficace. Competenze di soglia: caratteristiche essenziali per ricoprire un certo ruolo. Competenze distintive: caratteristiche che differenziano una prestazione e la portano a un livello di eccellenza. Le competenze si manifestano in diverse forme: motivazioni: schemi mentali, bisogni, spinte interiori che orientano le azioni individuali. • tratti: caratteristiche psico-fisiche e generale disposizione a comportarsi e reagire a certe • situazioni in un certo modo. Queste due sono più difficili da valutare e modificare, poi abbiamo: idea di sé: atteggiamenti, valori, concetto di sé. • conoscenze: informazioni, teorie, concetti in una determinata “disciplina”. • skill: capacità di eseguire un determinato compito manuale o intellettuale. • Queste tre sono più facili da sviluppare con formazione ed esperienza. L’intelligenza emotiva è la capacità di riconoscere le proprie emozioni e quelle degli altri per meglio comprendere, sperimentare e utilizzare le emozioni come fonte di energia umana, informazioni, relazioni, influenza. Comprende una serie di abilità che fungono da moltiplicatore delle abilità professionali. Vedere su slide come misurare l’intelligenza emotiva. La motivazione è un processo dinamico che finalizza l’attività di una persona verso un obiettivo. In pratica: _le persone generano bisogni _i bisogni attivano motivazioni _l’ organizzazione fornisce ricompense-le ricompense aumentano o diminuiscono la soddisfazione _la soddisfazione motiva o demotiva le persone e così via. Teorie del contenuto: cosa motiva gli individui a compiere determinate azioni? Un esempio di teoria del contenuto è la Piramide di Maslow che distingue tra bisogni primari e bisogni superiori. Una volta che le persone hanno soddisfatto i bisogni primari come alimentazione, riparo, retribuzione ecc. questi cessano di essere motivanti e si passa ai bisogni via via superiori come riconoscimento, approvazione, reputazione, collocazione sociale fino ad arrivare all’ autorealizzazione. Tuttavia questa scala non può essere considerata universale da momento che ognuno ha una propria gerarchia dei bisogni, per alcuni magari la sicurezza del lavoro è la cosa più importante. Oppure i bisogni mutano nel tempo e non è detto che la piramide si possa percorrere solamente dal basso verso l’alto e non è altrettanto detto che i bisogni soddisfatti cessino di essere motivanti. Altro modello è quello di McClelland che dice che ciò che motiva le persone è: _ il successo, che se prevale fa dimenticare tutto il resto e si pensa solo a questo con conseguenti comportamenti evasivi, formali e superficiali. _il potere, che se prevale può degenerare in aggressività, manipolazioni, autoritarismo. _affiliazione, che se prevale può indurre a comportamenti di dipendenza per farsi accettare ed essere rassicurati. Questi fattori coesistono con diversa intensità nel tempo. Infine abbiamo il modello di Herzberg che fa una distinzione tra fattori igienici e fattori motivanti. I primi riguardano il contesto in cui viene espletato il lavoro, i secondi riguardano il contenuto del lavoro. I primi se assenti generano insoddisfazione e se presenti non generano motivazione, i secondi se assenti non generano insoddisfazione e se presenti generano motivazione. I primi sono ad esempio la supervisione tecnica, retribuzione, condizioni fisiche di lavoro, relazioni interpersonali, status, sicurezza del lavoro, politiche d’impresa. I secondi comprendono achievement, successo, riconoscimento, lavoro in sé, grado di responsabilità, crescita professionale, possibilità di carriera. Lezione 6 Modello di Vroom Si parte dalla motivazione che muove una sequenza di comportamenti per arrivare ad una ricompensa. La forza della motivazione è data dal prodotto di: valenza, ovvero il valore che si da alla ricompensa, aspettative, ovvero il credere o meno che con lo sforzo si raggiunga un determinato obiettivo, strumentalità, ovvero la probabilità di ottenere le ricompense che si desiderano raggiungendo gli obiettivi. Un manager può agire sugli aspetti motivazionali attraverso la cultura organizzativa (valenza), la difficoltà degli obiettivi(che impatto sulle aspettative) e la meritocrazia(strumentalità). Modello dell’equità di Adams Si basa sull’equità tra sforzo sostenuto e ricompensa, e confronto di questo con i colleghi. Se mi accorgo che lo sforzo è molto maggiore rispetto al guadagno, o qualche collega a parità di sforzo guadagna di più, la motivazione cala. Infatti se mi accorgo che lo sforzo è troppo elevato mi impegno di meno oppure chiedo al mio capo un aumento o dei bonus. Un’ altra cosa che può succedere in questi casi è di illudersi di essere peggiori dei colleghi che guadagnano di più. Modello di Porter & Lawler e’ il più complesso e cerca di mettere insieme il meglio dei due modelli precedenti. Il processo motivazionale si basa su tre pilastri: sforzo, prestazione, soddisfazione. Lo sforzo serve a produrre le prestazioni, tuttavia in questo passaggio sono importanti le competenze (poiché soggetti con stesso sforzo ma competenze differenti, ottengono diverse prestazioni) e il contesto organizzativo, clima aziendale e percezione del proprio ruolo, tecnologia. L’ultimo pilastro è la soddisfazione che è mediata dalle ricompense estrinseche come retribuzione e carriera, e ricompense intrinseche cioè il contenuto del lavoro (se faccio un lavoro che mi piace sono più soddisfatto e magari mi accontento di una retribuzione inferiore). Vi sono due frecce che rappresentano due feedback, uno che dopo la prestazione rimanda allo sforzo e che mi fa capire quanto e se devo migliorare. L’altro che dalla soddisfazione mi riporta allo sforzo per rendermi conto se la ricompensa è adeguata a questo ultimo. Employee engagement Un dipendente engaged è colui che è completamente assorbito dal suo lavoro e ne è completamente entusiasta. Lui intraprenderà azioni produttive per promuovere la reputazione e gli interessi organizzativi. Un’ org. con elevati livelli di EE, a parità di altre condizioni, può avere prestazioni migliori rispetto ad altre con bassi livelli di EE. Infatti i lavoratori engaged lavorano con passione, hanno un forte legame con la loro attività e introducono nuove idee per far progredire l’org. al contrario dei “not engaged” che sono poco coinvolti con quello che fanno. Poi abbiamo i “actively disanged” che sono infelici, minano il lavoro dei colleghi e aggiungono costi e minor valore al business. Le org. engaged hanno valori forti e autentici, basati su rispetto reciproco, fiducia e correttezza nelle relazioni. Non usano un approccio meccanico e non mortificano le emozioni dei dipendenti. Infine non esiste un unica strada da seguire ma tanti accorgimenti come per esempio una leadership riconoscibile con un forte approccio strategico, un engaging manager che focalizza gli sforzi dei dipendenti agendo da coach, dipendenti trattati come individui liberi di esprimersi e integrità organizzativa, ossia corrispondenza tra valori dichiarati e comportamenti agiti. Incident “un assetto ingessato” L’assetto che per anni era stato vincente era caratterizzato da meccanismi di coordinamento prevalentemente informali basati sulla collaborazione tra lavoratori, da relazioni consolidate in un ambito di ambiente permissivo e gruppi organizzativi. Un gruppo è un soggetto sociale organizzato che esprime comportamenti e valori propri differenti dalle individualità e che: _può essere un dato di fatto _e/o una scelta organizzativa deliberata per raggiungere fini organizzativi _ha una dimensione politica, in quanto genera e gestisce le asimmetrie di potere entro l’organizzazione e nel rapporto tra attori _ha una dimensione sociale ovvero valori condivisi, norme, fiducia, reciprocità, ecc. Elementi di stimolo alla formazione di gruppi sono: presenza di bisogni individuali che possono venir soddisfatti più efficacemente nell’ambito di un • gruppo attrazione interpersonale tra i membri di un gruppo • natura dei compiti (es. interdipendenze) • opportunità di esercitare influenza sull’ambiente e di controllare l’influenza dell’ambiente sugli • individui appartenenti al gruppo (es. gruppi sindacali) attesa di reciprocità ed equità seriale tra i membri del gruppo (es. rinunciare a vantaggi immediati • in cambio di vantaggi futuri). Norme comuni alla quasi totalità dei gruppi. difesa dell’esistenza del gruppo • preferenza degli obiettivi del gruppo rispetto a quelli di altri gruppi • prescrizione di fornire supporto ai membri del gruppo • reciprocità, cioè prescrizione di ricambiare l’aiuto ricevuto o che si riceverà • Elementi di attenzione: rischi di lentezza decisionale • costi operativi che possono controbilanciare gli aspetti positivi • rischi di deresponsabilizzazione dei singoli • group-think (percezione stereotipata e sottovalutazione minacce esterne) • rischi connessi a valori e norme devianti rispetto al contesto organizzativo • Lezione 7 I soggetti e il potere Teoria X=l’uomo non ama il lavoro, fa di tutto per evitarlo, si sforza solo se obbligato, preferisce |