Non voglio fare il tampone a mio figlio

È vero che nella maggior parte dei casi i bambini rimangono asintomatici rispetto all'infezione da Sars-CoV-2. Ma, come suggerisce un recente studio canadese, i bambini più piccoli, da 0 a 3 anni, hanno una probabilità molto maggiore di trasmettere il virus ai familiari rispetto ai ragazzi tra 14 e 17 anni. Quindi è ancora più importante, per i genitori, cogliere in tempo i segni della possibile infezione.

Traduzione di Milena Sanfilippo

È molto probabile che nel corso del 2020 vi siate sottoposti al tampone nasofaringeo per effettuare l’esame diagnostico sul Covid-19.

Secondo i Centers for Disease Control e Prevention (i centri per la prevenzione e il controllo delle malattie della sanità americana), negli Stati Uniti sono stati eseguiti più di 217 milioni di test. Di recente, la richiesta di tamponi si è impennata così tanto che i laboratori e i centri di analisi hanno segnalato lunghe file e diversi ritardi.

Al tempo stesso, tuttavia, sono in molti a rifiutarsi di fare il tampone per rintracciare l’eventuale presenza della malattia causata dal nuovo coronavirus, anche quando sanno di essere stati esposti al contagio.

“La tendenza ad evitare il test sembra essere un fenomeno in crescita, almeno aneddoticamente”, scrive Rita Rubin sul numero di novembre del Journal of the American Medical Association. “Molte delle persone che ignorano la necessità di fare il test sono dello stesso avviso anche sulla necessità di indossare la mascherina, in parte perché convinte che nessuno abbia il diritto di dire loro cosa fare”

Ciascuno potrà avere le sue ragioni personali per non sottoporsi al tampone, ma esistono diverse spiegazioni comuni a questo fenomeno. Di seguito, alcuni esperti di psicologia comportamentale ci illustrano i motivi per cui alcuni sono restii all’idea del tampone.

È un argomento delicato

Per molti, l’argomento Covid-19 è carico di emozioni contrastanti. Di conseguenza, c’è la tendenza ad evitare ogni pensiero sulla pandemia o sulla possibilità di contrarre la malattia.

“Le emozioni legate all’idea di sottoporsi al tampone potrebbero essere le più svariate”, spiega Sherry Benton, psicologa, nonché fondatrice e direttrice scientifica di TAO Connect. “In molti abbiamo visto la gente morire a causa della complicazioni del Covid-19, sia al telegiornale che nella vita privata, e la paura di un simile esito potrebbe rappresentare un freno rispetto alla decisione di ottenere una diagnosi certa”.

La paura è tanta

“Non è raro che le persone evitino test e visite mediche per paura di scoprire notizie terribili sulla propria salute”, afferma Melissa L.Whitson, docente associata di psicologia alla University of New Haven. “In passato, alcuni hanno evitato la visita dal proprio medico, anche in presenza di sintomi gravi, perché il pensiero di veder confermata una malattia o una diagnosi temute è quasi peggio di dover sopportare i sintomi”

Si tratta di un comportamento evitante, che ritarda il momento in cui si dovrà elaborare una possibile brutta notizia, persino quando si è consapevoli che questo potrebbe solo peggiorare la situazione. È un esempio di quelli che in gergo si definiscono meccanismi “maladattivi”.

Un contagio da covid-19 può avere conseguenze a breve e lungo termine, sia quando in ballo c’è la salute sia quando entrano in gioco aspetti pragmatici come la cura dei figli. Anziché affrontare la spaventosa possibilità di avere il Covid, in molti trovano più rassicurante attribuire i sintomi a qualcosa di più lieve, anche quando sanno di essere stati esposti al virus. Al tempo stesso, altri sono troppo paralizzati dalla paura per prendere l’avveduta decisione di sottoporsi al tampone. 

“La paura del test può causare disturbi del sonno, mancanza di appetito e altri sintomi somatici”, spiega Tameka Brewington, psicoterapeuta e titolare di Real Talk Counseling. “C’è anche chi ha avuto attacchi di panico dopo aver scoperto una possibile esposizione al virus.”

A peggiorare le cose c’è il fatto che l’esecuzione dell’esame può risultare sgradevole o inaspettata, intensificando ulteriormente l’ansia provata. 

“D’altra parte, il test può alleviare le emozioni negative facendo chiarezza, e qualcuno potrebbe sentirsi ‘libero’ dall’ambiguità e convincersi che può andare avanti con la sua vita”, afferma Darrin M. Aese, neuropsicologo clinico presso l’Ohio State University Wexner Medical Center.

I risultati potrebbero avere implicazioni economiche

Non tutti hanno un lavoro che consente di lavorare da casa o prendersi dei giorni di malattia. La pandemia ha evidenziato la mancanza di un piano di congedo per malattia accettabile per i lavoratori, e questo può contribuire alla diffusione del virus. 

In assenza di congedo retribuito, non tutti possono permettersi di saltare un giorno di paga; tutto questo ha generato situazioni pericolose, dal momento che i lavoratori continuano a presentarsi in servizio anche dopo essere stati infettati.

“Chi non ha la possibilità di lavorare da casa teme per il proprio lavoro, per l’eventualità di rimanere senza stipendio per due settimane e per le conseguenze di un tampone positivo”, spiega Benton. “Negli Stati Uniti, i cittadini sprovvisti di assicurazione sanitaria, si preoccupano per il costo delle cure in caso di positività al Covid-19, o in caso di tampone quando i test gratuiti non sono disponibili o accessibili”.

Non vogliono sentirsi in colpa

Oltre ai timori per la propria salute, un esito positivo può avere ricadute anche sui contatti stretti.

“L’ansia e il senso di colpa al pensiero di aver infettato altre persone potrebbero essere insopportabili”, aggiunge Aese. “Inoltre, sebbene di recente i Centers for Disease Control and Prevention abbiano ammorbidito le linee-guida sulla quarantena, è molto forte la paura di dover assentarsi dal lavoro, di non essere nelle condizioni di cercare un lavoro, delle complicazioni legate alla cura dei figli e delle possibili conseguenze economiche per gli altri contatti stretti. Dal momento che un esito positivo non riguarda soltanto la persona che fa il tampone, ma può colpire anche la salute e il reddito altrui, la scelta di sottoporvisi potrebbe risultare ancora più combattuta. 

Proprio come le conseguenze a breve e lungo termine sulla salute, l’apprensione legata al senso di colpa rischia altresì d’incoraggiare comportamenti evitanti e rendere alcune persone meno propense a sottoporsi al test, anche quando vengono a sapere di una possibile esposizione oppure sviluppano dei sintomi. Questa elusione, tuttavia, offre un sollievo solo momentaneo e, anzi, può farci sentire peggio emotivamente – oltre a renderci potenzialmente responsabili dell’ulteriore diffusione del virus.

Non vogliono isolarsi

“In caso di positività al covid-19, si è obbligati a un periodo di quarantena”, ricorda Benton. “L’idea di rimanere isolati per 14 giorni può spaventare. Per natura, siamo creature sociali, perciò è normale voler evitare di ritrovarsi lontani da amici e famiglia.”

Nell’anno in cui le interazioni sociali si sono ridotte al minimo, per alcuni può essere insopportabile la prospettiva di doversi isolare anche da chi abita sotto lo stesso tetto, a causa di un esito positivo.

“Potrebbe subentrare anche una forma di rabbia al pensiero delle conseguenze di un esito positivo, sia sulla salute che sulla vita sociale”, aggiunge Benton. “Perché potrebbe implicare uno sconvolgimento della propria routine, nonché della vita sociale e di quella lavorativa”

Lo stigma sociale associato al virus

“Con il Covid, le paure e la tendenza a evitare informazioni negative si sono inasprite a causa della letalità della malattia, ma anche perché lo stigma associato a questo virus è molto più complesso”, afferma Whitson.

“Sono diverse le malattie e le diagnosi che si portano dietro uno stigma sociale, ma dal momento che il Covid è diventato così “politico”, e dal momento che è così contagioso, lo stigma che vi è stato associato è carico di paura e sensi di colpa”

Il giudizio altrui può spingere a incolpare sé stessi per essere risultati positivi e a provare una sensazione di vergogna per il proprio comportamento, anche quando ci si è attenuti alle indicazioni della sanità pubblica. Si teme che gli altri possano incolparci per aver contratto il virus o possano giudicarci male.

“Lo stigma è forte e pertanto può generare dubbi sull’opportunità di fare il tampone, anche quando si è consapevoli che si tratta del modo di agire più giusto e responsabile”, spiega Whitson.

Negano l’esistenza del COVID-19

“C’è un nutrito gruppo di persone che non crede all’esistenza del Covid”, fa notare Brewington. “Se non esiste, allora non c’è motivo di fare il test”

Le informazioni distorte sul coronavirus sono tante, soprattutto sui social. In molti si aggrappano a notizie false, escludendo e scegliendo a proprio piacimento le linee-guida da seguire – oppure preferendo ignorarle in blocco.

“Anche in questo caso, c’è chi ritiene di non dover essere obbligato a fare qualcosa, se non vuole”, aggiunge Brewington.

Ma a parte i negazionisti, sono in tanti a non essere adeguatamente informati sull’importanza dei tamponi e del periodo di quarantena successivo all’esposizione o anche sui fattori di rischio relativi alle complicazioni più gravi della malattia.

Cosa succede se ti rifiuti di fare il tampone?

Qualora la persona in quarantena rifiuti di sottoporsi al test molecolare al 10° giorno, per un principio di maggior precauzione, la quarantena terminerà al 14° giorno senza test molecolare. Il tampone viene programmato dall'operatore.

Cosa fare in attesa del tampone del figlio?

Ora che mio figlio ha fatto il tampone cosa devo fare? In attesa dell'esito del tampone, Vostro figlio deve stare in “quarantena fiduciaria” (All. 4) perché potrebbe risultare positivo e quindi essere contagioso.

Cosa fare se un bambino ha il Covid?

Telefoni al medico o infermiere di suo/a figlio/a immediatamente nel caso in cui suo/a figlio/a presenti uno di questi sintomi. Cosa devo fare se mio/a figlio/a presenta sintomi? Se suo/a figlio/a ha la febbre, la tosse o altri sintomi della COVID-19, telefoni al medico o infermiere che lo/a segue.

Quando fare il tampone ad un bambino?

Sempre il suddetto documento recita che nel caso che il bambino venga allontanato dalla scuola oppure che il sintomo si manifesti a casa, il Pediatra di Famiglia, contattato dai genitori, DEVE richiedere il tampone tempestivamente, attivando il Dipartimento di Prevenzione.