Qui la sentenza: Corte di Cassazione - sez. Lavoro - sentenza n. 1185 del 18-1-2017 Cerchi un avvocato? Confronta subito i preventivi dei nostri migliori esperti. È gratis! L’ambiente di lavoro può essere al giorno d’oggi causa frequente di stress e nervosismo: ma si può chiedere il risarcimento all’azienda per lo stress provocato? In quali casi il datore di lavoro può essere ritenuto responsabile per l’eccessivo affaticamento o la continua tensione del dipendente, e per le loro conseguenze sulla sua salute? La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 1185 del 18 gennaio 2017, ha stabilito alcuni criteri e confermato il precedente orientamento. Vediamo allora quando si può chiedere il risarcimento per danno da stress. Lo stress da lavoro non è sempre risarcibile Lo stress da lavoro, quando pregiudica la serena esistenza del dipendente, rientra nella categoria del danno non patrimoniale. Il danno non patrimoniale si riferisce alle conseguenze negative subite dal cittadino in conseguenza di un fatto illecito e che possono essere di natura esistenziale, biologica o morale. La caratteristica principale di questi tipi di danni è che, a differenza dei danni patrimoniali, non danno diritto automaticamente al risarcimento. Come stabilito dall’art. 2059 del Codice civile, infatti, “il danno non patrimoniale deve essere risarcito solo nei casi determinati dalla legge“. In quali casi il dipendente può chiedere il risarcimento? Ma quali sono allora i casi “previsti per legge” nei quali si possono richiedere i danni da stress? La sentenza della Cassazione n. 1185/2017 è intervenuta a chiarire proprio questo aspetto. La Suprema Corte ha infatti affermato, in linea con il recentemente orientamento della giurisprudenza, che il danno non patrimoniale dà diritto al risarcimento “quando il fatto illecito sia configurabile come reato“, quando il risarcimento sia espressamente previsto “anche al di fuori dell’ipotesi di reato”, e quando il fatto illecito abbia violato in modo grave “diritti inviolabili della persona”, sanciti dalla Costituzione. Sì al risarcimento solo quando i danni sono provati Nel caso specifico di stress subito all’interno dell’ambiente lavorativo, si ha diritto al risarcimento solo nel caso in cui la condotta illecita del datore di lavoro abbia violato i diritti inviolabili del dipendente, quelli appunto protetti dalla Costituzione. Proprio perché si tratta di diritti costituzionali non disciplinati da una specifica norma, le violazioni in oggetto vanno individuati caso per caso dal giudice, che dovrà discriminare tra “meri pregiudizi” (concretizzati in semplici disagi non risarcibili) e danni che vanno risarciti. Per chiedere giustizia il dipendente deve quindi fornire precise prove e non parlare genericamente di stress: nel concreto, dimostrare lesioni alla salute certificate da documenti medici. I doveri del datore di lavoro All’interno di questo specifico perimetro, e dunque dei diritti inviolabili sanciti dalla Costituzione, il datore di lavoro è comunque tenuto a rispettare precise norme di legge. L’imprenditore deve infatti adottare tutte le misure idonee e necessarie a tutelare l’integrità psico-fisica dei suoi dipendenti, intendendo appunto con questo la prevenzione dei danni non solo puramente fisici, ma anche, quando questi causino specifiche lesioni alla salute, di quelli psicologici e da stress lavorativo. © RIPRODUZIONE RISERVATA Il post di oggi vuole fare chiarezza su un tema caro sia ai datori di lavoro che ai lavoratori: IL RISARCIMENTO DEL DANNO Da un lato il titolare dell’azienda si domanderà se e come possa chiedere conto al lavoratore dei danni che lo stesso gli abbia procurato; dall’altro lato il dipendente vorrà sapere cosa gli aspetta se danneggia la propria azienda o i suoi beni materiali o se, magari più grave, ne lede l’immagine. l’inadempimento del lavoratore (nel danno contrattuale) o l’attività colposa o dolosa (nel danno extracontrattuale) Per contro il lavoratore nel primo caso dovrà dimostrare di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno e che lo stesso sia dipeso da caso fortuito o forza maggiore mentre nel secondo caso dovrà “soltanto” difendersi dalle deduzioni svolte dal datore di
lavoro. E’ evidente infine che a questi 2 o 3 elementi dovrà poi conseguire anche la quantificazione del risarcimento; ma per rispondere alla domanda del come quantificare il risarcimento torneremo sicuramente in un altro post! Per esperienza ho visto verificarsi che pur essendo molto
chiaro l’iter da seguire per l’ottenimento del risarcimento, accada molto spesso che le richieste non vengano formulate. E’ doveroso infatti evidenziare che mentre può essere agevole la verifica dell’esistenza del danno altrettanto potrebbe non essere per l’individuazione del soggetto che lo ha provocato o, ancora di più, per far emergere il nesso di causalità tra il danno ed il comportamento. Nel rapporto di lavoro sono parecchi i casi nei quali detto nesso è, infatti, interrotto da fattori
estranei alla volontà delle parti e che quindi si inneschi la c.d. causalità multifattoriale. Ritengo tuttavia interessante rispondere a qualche domanda che evidenzia casistiche che in più occasioni ho affrontato. LA PRIMA. E’ necessaria la contestazione disciplinare del fatto che ha generato il danno? LA SECONDA. Posso compensare gli eventuali crediti del
lavoratore con il risarcimento? LA TERZA (E ULTIMA). Le considerazioni sin qui svolte valgono anche in caso di sanzioni amministrative quali per es. quelle relative alla circolazione degli automezzi? Anche nell’ambito del risarcimento del danno si è visto che la trasparenza nel rapporto di lavoro tra le richieste del datore di lavoro e i legittimi diritti dei dipendenti può essere la chiave decisiva per risolvere ogni problema. La difficoltà del risarcimento si può prevenire con un regolamento! Quanti soldi si possono chiedere per danni morali?In sintesi, tutte le componenti di danno diverse dal biologico (tra le quali è ricompreso il danno morale) sono risarcite in una somma corrispondente al 20% di quanto liquidato a titolo di danno biologico.
Quando si chiedono i danni morali?I danni morali possono essere risarciti soltanto in due casi: Quando si è violato un diritto costituzionale; Quando il fatto illecito consiste in un reato.
Quali sono i danni morali?Il danno morale è normalmente definito dalla giurisprudenza come “l'ingiusto turbamento dello stato d'animo del danneggiato o anche nel patema d'animo o stato d'angoscia transeunte generato dall'illecito” (Cass. n. 10393/2002).
Come chiedere i danni morali?Per il danno morale è necessario allegare prove e dimostrare fatti ulteriori rispetto a quelli relativi al danno biologico, onde quantificare la sofferenza patita. Il riconoscimento del danno morale costituisce una pretesa che viene avanzata spesso dinanzi all'autorità giudiziaria.
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