37 settimane di gravidanza dolori al pube

  • Le cause all’origine
  • È possibile prevenirla
  • Come affrontarla

La pubalgia è il dolore che colpisce il pube, cioè il basso ventre. Questo disturbo in gravidanza è causato da una serie di modificazioni che la gestazione apporta al corpo della futura mamma, ma è provocato principalmente dalle sollecitazioni della struttura osseo-muscolare su questa zona. Nella comparsa della pubalgia sono determinanti alcuni cambiamenti naturali dell’organismo della futura mamma. In particolare, subiscono una variazione lo scheletro, i muscoli, le articolazioni e i legamenti.

Anche l’aumento del volume dell’utero sollecita i muscoli e i tendini dell’addome. Il peso della pancia, in continuo aumento, determina, infatti, una maggiore inibizione e distensione dei legamenti della parete addominale e del perineo (la zona compresa tra l’ano e la vagina) che si trova sotto l’addome, in corrispondenza dei genitali esterni. La pubalgia può manifestarsi per gradi di intensità differenti e di solito non compare prima del sesto mese di gestazione. Non ne soffrono tutte le future mamme; in alcune donne, tuttavia, può risultare un disturbo particolarmente intenso. I principali sintomi della pubalgia sono:

  • dolore basso ventre;
  • difficoltà nel camminare;
  • difficoltà nel rimanere sedute.

Talvolta il dolore si può irradiare anche posteriormente a livello inguinale e associarsi a un dolore sacrale (che colpisce l’ultimo tratto della colonna vertebrale), dovuto al peso del pancione.

Le cause all’origine

Il dolore è causato principalmente dalla pressione cui è sottoposto il cingolo pelvico, cioè la parte muscolare e tendinea (l’insieme dei muscoli e dei tendini) della pelvi (il bacino). La causa della pubalgia è, quindi, essenzialmente meccanica ed è caratterizzata da una lieve dilatazione delle ossa della sinfisi pubica (cioè il tessuto connettivo che unisce le due estremità ossee del bacino), dovuta alla compressione dell’utero, alla modificazione della parete addominale e dell’osso pubico e all’interessamento dei nervi di quella parte.

Nella comparsa della pubalgia influiscono, comunque, anche i mutamenti ormonali della gravidanza. La relaxina (un ormone), in particolare, viene prodotta a partire dal secondo trimestre di gravidanza con lo scopo di preparare il bacino a sostenere lo sforzo del parto, favorendo il rilassamento dei tessuti.

Anche il peso del pancione contribuisce a comprimere l’addome. Il maggiore volume dell’utero porta a una distensione della parete addominale e dei suoi componenti, di conseguenza tutti i tendini che collegano i muscoli alle ossa, come le fasce connettivali, tendono a distendersi in corrispondenza dell’aumento della parete addominale.

In alcuni casi ciò può essere determinato anche da una cattiva posizione della futura mamma sia nel camminare sia nello stare ferma. Appoggiarsi solo su un piede mentre si sta ferme determina, per esempio, una scorretta distribuzione del peso. Ciò può causare un disturbo a livello pelvico. Anche nello stare sedute, si può assumere una posizione scorretta, per esempio stando troppo protese in avanti, determinando un maggior schiacciamento della pancia e portando un apporto maggiore di peso sul cingolo pelvico. Nella comparsa della pubalgia non va, infine, trascurato il fattore genetico. Non è escluso infatti che nella comparsa di questo disturbo non vi sia anche una predisposizione genetica.

È possibile prevenirla

La futura mamma può seguire alcuni accorgimenti per prevenire o, quantomeno, contenere questo disturbo. Ecco i consigli più importanti da seguire:

  • tenere il peso sotto controllo. Sebbene il disturbo si verifichi principalmente nelle donne predisposte, si è notato che la pubalgia è spesso accompagnata da un eccessivo aumento di peso che dovrebbe essere contenuto entro gli 8-11 chili;
  • fare attività fisica già prima di programmare una gravidanza. L’attività sportiva aiuta, infatti, a tenere i muscoli tonici; in caso di gravidanza ciò è utile per ottenere una maggior distensione della muscolatura, soprattutto a livello perineale, utile al momento del parto;
  • indossare una guaina. L’utilizzo di busti e corsetti può aiutare a sostenere l’addome e la schiena. È bene, però, evitare quelli rigidi e troppo restrittivi, che possono recare danno alla circolazione;
  • utilizzare collant specifici. Indossare collant per la gravidanza è particolarmente raccomandato se la futura mamma è in sovrappeso: la loro azione di supporto della pancia e di pressione sulle gambe, favorisce il ritorno venoso dal basso verso il cuore;
  • correggere il modo di sedersi. È bene sedersi correttamente appoggiando tutta la schiena allo schienale della sedia, evitando di tenere il peso in avanti e comprimendo così la pancia. Ciò è particolarmente importante se la futura mamma trascorre molto tempo seduta;
  • evitare i pesi. In gravidanza bisognerebbe sempre evitare di trasportare pesi per non gravare troppo sulla schiena. Occorre, però, anche evitare di rimanere a lungo nella stessa posizione. Se si sta in piedi per tanto tempo, bisogna appoggiare bene entrambi i piedi in modo da distribuire equamente il peso e non indossare scarpe con il tacco alto.

Come affrontarla

In genere la pubalgia scompare spontaneamente dopo il parto, senza bisogno di cure. In alcuni casi, però, la soluzione del problema può richiedere molto tempo, anche due o tre mesi. La pubalgia tende a risolversi spontaneamente perché le ossa tornano nella posizione originaria, in quanto dopo la nascita del bimbo il peso dovuto all’utero e a tutta la parete addominale non c’è più.

L’uso dei farmaci, in genere sconsigliato in gravidanza, non è molto efficace nella cura della pubalgia. Infatti i farmaci che si utilizzano in genere per i dolori articolari (gli antinfiammatori e gli antidolorifici) servono relativamente in quanto non agiscono in quel preciso punto. L’unico farmaco concesso in gravidanza, sempre sotto controllo medico, resta, comunque, il paracetamolo.

Anche le pomate hanno un’efficacia relativa sulla cura della pubalgia. Sebbene si possano applicare senza problemi (tranne quelle al cortisone, da evitare assolutamente), danno poco beneficio. In ogni caso vanno applicate all’altezza del pube, dove viene avvertito maggiormente il dolore. 

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