Dlgs 14 marzo 2013, n. 33 Show
articolo 23 Comma 1 Obblighi di pubblicazione concernenti i provvedimenti amministrativi Diritto di accesso
La richiesta continua di trasparenza dell’azione amministrativa si accompagna alla tutela della privacy. La materia della protezione dei dati personali va coordinata con queste esigenze. Ecco come 15 Nov 2021
La trasparenza [1] è un concetto che da tempo si è consolidato nel diritto dell’Unione Europea [2], al fine di infondere fiducia [3] nei processi che riguardano i cittadini, permettendo loro di conoscerli, comprenderli e, se necessario, di opporvisi.
Nell’ordinamento italiano, la trasparenza si è fatta inizialmente strada in alcuni specifici settori dell’intervento pubblico (ambiente ed enti locali) [4] per poi diventare principio generale con la Legge n. 241/1990 [5].
Il diritto di accesso ai documenti amministrativiQuest’ultima ha disciplinato il diritto di accesso ai documenti amministrativi solo per i titolari di posizioni giuridicamente qualificate, come fondamentale strumento di conoscenza finalizzata alla tutela individuale dell’interessato contro atti e provvedimenti delle Pubbliche Amministrazioni (PA) che incidono sulla sua sfera soggettiva. Certificazioni GDPR: tutti i vantaggi per le organizzazioni che vi aderiscono È noto, infatti, che le modalità attraverso cui un sistema giuridico può rendere conoscibili le informazioni di interesse pubblico trattate dalle Pubbliche Amministrazioni sono fondamentalmente due:
La trasparenza nel Codice dell’Amministrazione DigitaleIn Italia, l’affermazione di queste ulteriori forme di trasparenza inizia nel 2005, con l’approvazione del Codice dell’Amministrazione Digitale. Nel 2009, con il D.lgs. n. 150 si sottopone la pubblicazione delle informazioni sui siti web istituzionali al principio dell’accessibilità totale [7]. Il confronto con il FOIAPiù avanti, con le politiche di prevenzione della corruzione viene adottato il c.d. “Decreto trasparenza” (D.lgs. n. 33/2013). Infine, la Legge n. 124/2015 introduce un diritto
generalizzato, analogo a quello previsto dal Freedom of Information Act (FOIA), con il quale i cittadini hanno la possibilità di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni (PA) [8], come strumento di tutela dei loro diritti e di promozione della
partecipazione all’attività amministrativa, anche al fine di promuovere Trasparenza, accesso civico generalizzatoNel 2016, con il D.lgs. n. 97, attuativo della delega contenuta nella legge 7 agosto 2015, n. 124 [9] il legislatore italiano ha modificato il D.lgs. n. 33/2013 (in seguito anche “Decreto trasparenza”). Innanzitutto, è stata novellata la nozione generale di “trasparenza” di cui all’art. 1, comma 1, del D.lgs. 33/2013: se prima era diretta semplicemente all’accessibilità totale delle informazioni relative all’organizzazione e alle attività delle pubbliche amministrazioni, con la riforma la trasparenza deve essere intesa come “accessibilità totale dei dati e dei documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni”. Inoltre, se in precedenza era diretta soltanto a “favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche”, con la riforma è volta anche a “tutelare i diritti dei cittadini, promuovere la partecipazione degli interessati all’attività amministrativa”. L’introduzione del FOIAAll’evoluzione del concetto di trasparenza fa eco, segnatamente, l’introduzione nel nostro ordinamento di una nuova forma di accesso – analogo al Freedom of Information Act (FOIA) dei sistemi scandinavi e anglosassoni [10] – con il quale si intende consentire a chiunque, senza una situazione legittimante [11], senza motivazione [12], di accedere a tutti i dati e documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni [13] o dalle società a partecipazione pubblica [14]. Ebbene, con il D.lgs. 97/2016 viene introdotto al comma 2 dell’art. 5 del D.lgs. 33/2013 il diritto di accesso civico “generalizzato” prevedendo che “chiunque ha diritto di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori
rispetto a quelli oggetto di pubblicazione ai sensi del presente decreto, nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti secondo quanto previsto dall’articolo 5-bis.” Il secondo elemento da cogliere – che lo distingue dall’accesso civico semplice – è che non ha come presupposto l’inadempimento degli obblighi di pubblicazione. Si potrà notare, infatti, che l’accesso generalizzato è riferito a dati e documenti [16] “ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione”: in altre parole si tratta di un diritto a poter accedere a tutti i dati e i documenti – con l’esclusione delle “informazioni” – per i quali “non” è stabilito un obbligo di pubblicazione [17]. Inoltre, come l’accesso civico semplice, anche quello generalizzato si traduce in un diritto di accesso che “non è sottoposto ad alcuna limitazione quanto alla legittimazione soggettiva del richiedente” [18]. Per di più, all’interesse dell’ordinamento ad assicurare a qualunque cittadino [19] (a “chiunque”) di accedere a dati e documenti delle PA, indipendentemente dalla titolarità di situazioni giuridiche soggettive, si aggiunge l’elemento ulteriore che l’istanza di accesso civico generalizzato – come già per quello semplice – “non richiede motivazione” [20] (cfr. art. 5, comma 3, del D.lgs. 33/2013). Tanto, in linea con la stessa ratio dell’accesso generalizzato che risiede nel dichiarato “scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico” (cfr. art. 5, comma 2, D.lgs. 33/2013) [21]. La trasparenza di tipo reattivoIn breve, alla trasparenza di tipo “proattivo” (proactive disclosure), ossia realizzata mediante la pubblicazione obbligatoria sui siti web di determinati enti dei dati e delle notizie indicati dalla legge, viene ad aggiungersi una trasparenza di tipo “reattivo” (reactive disclosure), cioè in risposta alle istanze di conoscenza avanzate dagli interessati [22]. Nella sostanza, l’ordinamento è ormai improntato decisamente a una netta preferenza per la trasparenza [23] dell’attività amministrativa, nel quale l’accesso generalizzato si delinea come strumento di libertà che incontra quali unici limiti [24], da una parte, il rispetto della tutela degli interessi pubblici e/o privati indicati all’art. 5-bis, commi 1 e 2, e dall’altra, il rispetto delle norme che prevedono specifiche esclusioni ex art. 5-bis, comma 3, D.lgs. 33/2013. Al fine di fornire indicazioni operative sulle esclusioni e sui limiti all’accesso civico generalizzato previsti dall’art. 5-bis, comma 6, del D.lgs. 33/2013, l’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC), d’intesa con l’Autorità Garante Privacy, ha adottato la Delibera n. 1309 del 28 dicembre 2016 relativa alle “Linee Guida recanti indicazioni operative ai fini della definizione delle esclusioni e dei limiti all’accesso civico di cui all’art. 5 co. 2 del D.lgs. 33/2013”. Accesso generalizzato: eccezioni assolute e relativeDalla lettura dell’art. 5-bis, commi 1, 2 e 3, del D.lgs. 33/2013 si possono distinguere due tipi di eccezioni: “assolute” e “relative” [25]. Con riferimento alle eccezioni assolute, il comma 3 dell’art. 5-bis del D.lgs. 33/2013 stabilisce che l’accesso generalizzato “è escluso”:
Ai fini della nostra trattazione, occorre soffermarsi solo sulla lettera b) del comma 3 dell’art. 5-bis del Decreto trasparenza in quanto disciplina le ipotesi, ulteriori rispetto al segreto di Stato, in cui l’accesso civico generalizzato va escluso e menziona:
Risulta allora evidente che l’accesso generalizzato andrà escluso ogni volta che è previsto un divieto di diffusione/pubblicazione dei dati personali o quando l’accessibilità a quei dati è regolata da specifiche norme di settore. Per esempio, in nessun caso possono essere acquisiti con l’accesso generalizzato le tipologie di:
Com’è chiaro, si tratta di eccezioni poste da una norma di rango primario a tutela di interessi pubblici e privati fondamentali e prioritari rispetto a quello del diritto alla conoscenza diffusa. In presenza di tali eccezioni “assolute” l’amministrazione è tenuta a rifiutare l’accesso generalizzato e non residua in capo ad essa alcun margine di discrezionalità. Eccezioni relativeDiversamente, ai commi 1 e 2 dell’art. 5-bis del Decreto trasparenza troviamo le
eccezioni relative (o qualificate) in relazione alle quali la PA può rifiutare l’accesso all’esito di un procedimento di bilanciamento [32] tra l’interesse pubblico alla conoscibilità del dato e la tutela di altri interessi, pubblici e privati, considerati
dall’ordinamento di particolare rilievo giuridico.
Al comma 2 dell’art. 5-bis del Decreto trasparenza, invece, sono previsti i casi in cui l’accesso generalizzato è rifiutato se il diniego è necessario per evitare il pregiudizio concreto alla tutela dei seguenti “interessi privati”:
Accesso generalizzato e valutazione del pregiudizio alla protezione dei dati personaliIl Decreto trasparenza, dunque, non si ferma solo agli interessi pubblici ma si occupa anche del pregiudizio che dall’accesso (civico) generalizzato possa derivare alla tutela di specifici interessi privati. Per quanto qui d’interesse, l’art. 5-bis, comma 2, lett. a), del D.lgs. 33/2013 prevede che l’accesso generalizzato deve essere rifiutato laddove possa recare un pregiudizio concreto alla “protezione dei dati personali, in conformità con la disciplina legislativa in materia” [34]. Sarà dunque compito dell’amministrazione pubblica verificare le esigenze di accesso rispetto al pregiudizio alla protezione dei dati personali che in concreto possa conseguire per gli interessati in caso di ammissione dell’istanza di accesso. Pertanto, di fronte ad un’istanza di accesso generalizzato avente ad oggetto dati e documenti contenenti informazioni personali, l’ente destinatario dell’istanza è tenuto a valutare se la conoscenza da parte di chiunque di dati e documenti richiesti possa arrecare un pregiudizio concreto all’interessato cui quei dati personali si riferiscono. La ritenuta sussistenza di tale pregiudizio comporta il rigetto dell’istanza, a meno che non si consideri di poterla accogliere, oscurando i dati personali eventualmente presenti e le altre informazioni che possono consentire l’identificazione, anche indiretta, dell’interessato. Pertanto, accertata l’assenza delle eccezioni assolute, l’amministrazione è tenuta a valutare caso per caso se l’ostensione degli atti possa determinare un pregiudizio “concreto” e probabile agli interessi indicati dal legislatore. In tale situazione, devono essere tenute in considerazione le motivazioni addotte dal controinteressato che, ai sensi dell’art. 5, comma 5, del Decreto trasparenza, deve essere obbligatoriamente interpellato dall’ente destinatario della richiesta di accesso generalizzato. Rispetto del GDPRNella valutazione del pregiudizio concreto, in conformità con il Regolamento europeo (peraltro richiamato implicitamente dall’art. 5-bis, comma 2, lett. a), del D.lgs. 33/2013) deve farsi riferimento ai “principi applicabili al trattamento” previsti dall’art. 5 del GDPR. In particolare, come già detto, in ossequio al principio di “minimizzazione dei dati” di cui all’art. 5, par. 1, lett. c), del GDPR la PA, nel dare riscontro alla richiesta di accesso generalizzato, deve scegliere le modalità meno pregiudizievoli per gli interessati: bisogna privilegiare l’ostensione di documenti con l’omissione dei dati personali in esso presenti, laddove l’esigenza informativa, alla base dell’accesso generalizzato, possa essere raggiunta senza implicare il trattamento dei dati personali [36]. In tal modo, peraltro, si renderebbe più celere il procedimento in quanto è possibile accogliere l’istanza di accesso generalizzato senza dover attivare la dispendiosa procedura di coinvolgimento del soggetto “controinteressato” (art. 5, comma 5, del D.lgs. 33/2013) [37]. Conseguentemente, quando l’oggetto della richiesta di accesso generalizzato riguarda dati o documenti contenenti anche dati personali non necessari (“sproporzionati, eccedenti e non pertinenti”) al raggiungimento dello “scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico” (ex art. 5, comma 2, del D.lgs. 33/2013), l’ente destinatario della richiesta dovrà accordare il cosiddetto accesso parziale. Si tratta della tecnica dell’oscuramento dei dati personali presenti nei documenti, consentendo altresì “l’accesso agli altri dati e alle parti restanti” (art. 5-bis, comma 4, Decreto trasparenza). Peraltro, tale strumento, insieme al “potere di differimento” di cui all’art. 5-bis, comma 5, del D.lgs. 33/2013 potrà essere utilizzato dalla PA laddove si evidenzi un pregiudizio concreto in relazione al contesto temporale in cui viene formulata la domanda di accesso (generalizzato). La valutazione del pregiudizioAi fini della valutazione del pregiudizio concreto, vanno considerate anche le conseguenze legate alla sfera morale, relazionale e sociale che potrebbero derivare all’interessato (o ad altre persone alle quali esso è legato da un vincolo affettivo) dalla conoscibilità, da parte di chiunque, del dato o del documento richiesto. Inoltre, sempre con riferimento alla valutazione del pregiudizio, la PA deve tenere conto delle implicazioni derivanti dall’art. 3, comma 1, del Decreto trasparenza, ovvero che i dati e i documenti forniti al richiedente tramite l’accesso generalizzato sono da considerarsi come “pubblici e chiunque ha diritto di conoscerli, di fruirne gratuitamente, e di utilizzarli e riutilizzarli”, sebbene il loro ulteriore trattamento vada in ogni caso effettuato nel rispetto dei limiti derivanti dalla normativa in materia di protezione dei dati personali (cfr. art. 7 del D.lgs. 33/2013). DiscriminazioniAd esempio, tali conseguenze potrebbero riguardare discriminazioni o azioni da parte di terzi nei confronti dell’interessato, o situazioni che potrebbero determinare altri svantaggi personali e/o sociali per lo stesso individuo. Alla stessa maniera, è necessario valutare i casi in cui la conoscibilità di determinati dati personali da parte di chiunque possa favorire il verificarsi di eventuali furti di identità o di creazione di identità fittizie attraverso le quali esercitare attività fraudolente. O ancora, nel valutare l’impatto nei confronti dell’interessato, è necessario tenere in debito conto anche le ragionevoli aspettative di quest’ultimo riguardo al trattamento dei propri dati personali [38]. Per valutare il pregiudizio che potrebbe derivare all’interessato dalla conoscibilità da parte di chiunque dei dati e dei documenti richiesti con l’accesso generalizzato, l’ente deve fare riferimento a più parametri. Dovrà tenersi in conto la presenza di dati personali particolari e/o giudiziari tra i dati richiesti o contenuti nei documenti ai quali si chiede di accedere: in linea di principio, salvo casi peculiari, andrebbe rifiutato l’accesso generalizzato a dati particolari e giudiziari [39]. (Si ricordino sempre le eccezioni assolute di cui all’art. 5-bis, comma 3, lett. b) del Decreto trasparenza). Analoghe considerazioni sull’esistenza di un pregiudizio concreto possono essere fatte riguardo a dati e documenti contenenti informazioni personali “comuni” riguardanti soggetti minori o vulnerabili. Merita rilievo altresì la circostanza che la richiesta di accesso generalizzato riguardi dati personali che, pur non rientrando nelle categorie di dati particolari e giudiziari, richiedono una specifica protezione laddove dalla natura dei dati, dall’ambito di applicazione, dal contesto e dalle finalità del trattamento possano derivare rischi per i diritti e le libertà degli interessati. Si pensi, per esempio, al trattamento dei dati dai quali possa derivare la “valutazione di aspetti personali, in particolare mediante l’analisi o la previsione di aspetti riguardanti il rendimento professionale, la situazione economica, la salute, le preferenze o gli interessi personali, l’affidabilità o il comportamento, l’ubicazione o gli spostamenti, al fine di creare o utilizzare profili personali” (Considerando 75 e 76 del GDPR). Anche il ruolo, la funzione o l’attività di rilevanza pubblica della persona cui si riferiscono i dati personali possono essere fattori da tenere in considerazione ai fini della valutazione della sussistenza del pregiudizio in esame. Si pensi alle informazioni relative a situazioni personali, familiari, professionali e patrimoniali di lavoratori [40] ovvero di persone fisiche destinatarie dell’attività amministrativa o intervenute a vario titolo nella stessa [41]. Linee guide AnacIn considerazione di tali profili, dunque, l’accesso generalizzato potrà essere rifiutato se il pregiudizio alla protezione dei dati personali sia concreto: “deve quindi sussistere un preciso nesso di causalità tra l’accesso e il pregiudizio” [42]. Sul punto, le sopracitate Linee Guida Anac stabiliscono che “Il provvedimento di rifiuto adottato in applicazione dei limiti di cui all’art. 5 bis, commi 1 e 2 contiene una adeguata motivazione che dà conto della sussistenza [43] degli elementi che integrano l’esistenza del pregiudizio concreto. Va parimenti motivato adeguatamente il provvedimento di rifiuto adottato in applicazione delle esclusioni di cui all’art. 5-bis, co. 3. Anche il provvedimento di accoglimento contiene una adeguata motivazione che dà conto della insussistenza di uno o più elementi che integrano l’esistenza del pregiudizio concreto, specie quando è adottato nonostante l’opposizione del controinteressato” [44]. Infine – per la risaputa interconnessione con la protezione dei dati personali 45 – preme soltanto ricordare che l’art. 5, comma 2-bis, lett. b), del Decreto trasparenza prevede la possibilità per la PA di rifiutare l’accesso generalizzato anche laddove il diniego sia necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela della “libertà e la segretezza della corrispondenza”. I controinteressati, le tutele e la procedura innanzi al GaranteGiova ricordare che il procedimento di accesso generalizzato deve concludersi con un provvedimento espresso e motivato nel termine di trenta giorni dalla presentazione [46] dell’istanza, con la comunicazione dell’esito al richiedente e agli eventuali controinteressati. Per controinteressati [47] si intendono coloro che, in base a quanto previsto dall’art. 5-bis, comma 2, del Decreto trasparenza, potrebbero subire pregiudizio concreto alla protezione dei dati personali, o alla libertà e segretezza della corrispondenza oppure agli interessi economici e commerciali (ivi compresi la proprietà intellettuale, il diritto d’autore e i segreti commerciali). La PA cui è indirizzata la richiesta di accesso generalizzato è tenuta, se individua soggetti controinteressati, a darne comunicazione attraverso l’invio di copia con raccomandata con avviso di ricevimento o in via telematica (“per coloro che abbiano consentito tale forma di comunicazione” [48]) agli stessi. A decorrere dalla comunicazione ai controinteressati, il termine dei trenta giorni sopracitato è sospeso fino all’eventuale opposizione dei controinteressati. Nel tempo di dieci giorni, il soggetto controinteressato avrà avanti a sé due alternative:
Nel primo caso, accertata la ricezione della comunicazione e decorsi dieci giorni dalla stessa senza alcun intervento da parte del controinteressato, l’amministrazione valuterà la sussistenza del pregiudizio concreto e provvederà sulla richiesta di accesso [49]. Nel secondo caso, invece, il controinteressato presenterà (anche per via telematica) una motivata opposizione entro dieci giorni dalla ricezione della comunicazione relativa alla presentazione della richiesta di accesso (generalizzato). In entrambi i casi – è opportuno ribadirlo – la PA deve concludere il procedimento con un provvedimento espresso e motivato che deve essere comunicato al richiedente e agli eventuali controinteressati. Dunque, in caso di diniego totale o parziale dell’accesso o di mancata risposta entro il termine di trenta giorni dalla presentazione dell’istanza, ai sensi dell’art. 5, comma 7 del Decreto trasparenza, il richiedente può presentare – entro il termine di 30 giorni dalla decisione di prima istanza [50] – richiesta di riesame al Responsabile della Prevenzione della Corruzione e della Trasparenza (in seguito anche “RPCT”), che decide con provvedimento motivato, entro il termine di venti giorni. In alternativa, laddove si tratti di atti delle amministrazioni delle regioni o degli enti locali, notificando comunque il ricorso anche all’amministrazione interessata, il richiedente può presentare ricorso al Difensore civico competente per ambito territoriale 51 . È previsto che il Difensore civico si pronunci entro trenta giorni dalla presentazione del ricorso: se ritiene illegittimo il diniego o il differimento, deve informare il richiedente e comunicarlo all’amministrazione competente. Se questa non conferma il diniego o il differimento entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione del difensore civico, l’accesso è consentito. Gli stessi termini valgono, laddove vi è l’accoglimento dell’istanza nonostante la sua opposizione, nel caso la richiesta di riesame sia avanzata dal controinteressato (art. 5, comma 9, Decreto trasparenza) [52]. In ogni caso, a fronte della decisione (rifiuto espresso, differimento o inerzia) dell’amministrazione competente o, in caso di richiesta di riesame, della decisione del RPCT, il richiedente può attivare la tutela giurisdizionale davanti al Tribunale
Amministrativo Regionale, ai sensi dell’art. 116 del D.lgs. 2 luglio 2010, n. 104 (c.d. Codice del processo amministrativo). Infine, da segnalare i casi specifici in cui l’ente destinatario della richiesta di accesso generalizzato può chiedere un parere al Garante per la protezione dei dati personali. Laddove l’accesso generalizzato sia stato negato o differito per motivi attinenti la tutela della protezione dei dati personali (art. 5-bis, comma 2, lett. a) è previsto che sia sentita l’Autorità Garante:
In tali ipotesi, in attesa che il Garante si pronunci entro dieci giorni dalla richiesta, i termini per l’adozione del provvedimento da parte del RPCT o per la pronuncia del difensore civico si intendono sospesi. Distinzione fra gli accessi generalizzato, civico e documentaleLa valutazione sul pregiudizio alla tutela dei dati personali è un elemento che distingue l’accesso generalizzato dall’accesso documentale [53]. Con la Legge 241/1990, infatti, i documenti forniti possono essere utilizzati per i motivi indicati nell’istanza e il richiedente non può renderli pubblici o riutilizzarli. Dunque, essendo garantito un certo grado di riservatezza, è possibile fornire dati e informazioni personali ai sensi della L. 241/1990 non ostensibili con l’accesso generalizzato; in alcuni casi anche dati relativi alla salute o alla vita e all’orientamento sessuali (cfr. art. 60 Codice Privacy [54]). Accesso civicoSi tratta di una situazione completamente diversa rispetto a quella che si configura con l’accesso civico (sia semplice che) generalizzato in virtù del combinato disposto dell’art. 3 con l’art. 7 del medesimo Decreto. In quest’ultimo caso, siccome tutto quello che viene concesso al richiedente diventa pubblico, non si possono sottacere i rischi di un riutilizzo improprio [55] dei dati personali ed è per questi motivi che è importante, soprattutto in caso di istanza di accesso generalizzato, coinvolgere i controinteressati (art. 5, comma 5, D.lgs. 33/2013). Anche i due diritti di accesso civico, semplice e generalizzato, seppur accomunati dal diffuso riconoscimento in capo a “chiunque” – quindi indipendentemente dalla titolarità di una situazione giuridica soggettiva connessa come per l’accesso documentale – sono destinati a muoversi su binari differenti [56]. Accesso generalizzatoIl primo elemento da ribadire è che l’accesso generalizzato non ha più come presupposto l’inadempimento degli obblighi di pubblicazione [57], come per l’accesso civico (semplice), ma è utilizzabile da chiunque senza motivazione sui dati e sui documenti (detenuti dalla PA) ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione obbligatoria. Inoltre, dall’inciso inserito all’inizio del comma 5 dell’art. 5, “fatti salvi i casi di pubblicazione obbligatoria”, si evince che il contraddittorio in presenza di controinteressati deve essere attivato soltanto nel caso di richiesta di accesso generalizzato [58]. Accesso documentaleQuest’ultimo deve essere tenuto distinto anche dall’accesso “documentale” di cui agli articoli 22 e seguenti della Legge 241/1990. In effetti, la finalità dell’accesso documentale è ben differente da quella sottesa all’accesso generalizzato: porre i soggetti interessati in grado di esercitare al meglio le facoltà – partecipative e/o oppositive e difensive – che l’ordinamento attribuisce loro a tutela delle posizioni giuridiche qualificate di cui sono titolari. Dal punto di vista soggettivo, infatti, ai fini dell’istanza di accesso documentale il richiedente deve dimostrare di essere titolare di un “interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso”. Peraltro, la Legge 241/1990 esclude perentoriamente l’utilizzo del diritto di accesso documentale al fine di sottoporre l’amministrazione a un controllo generalizzato. Dunque, l’accesso documentale e l’accesso civico generalizzato (e non) sussistono parallelamente sulla base di norme e presupposti diversi. È essenziale, pertanto, che le due fattispecie siano tenute distinte al fine di calibrare i diversi interessi in gioco laddove si renda necessario un bilanciamento caso per caso tra tali interessi. Tale bilanciamento risulta infatti diverso:
In pratica, vi saranno ipotesi (residuali) in cui i titolari di una situazione giuridica qualificata potranno accedere ex lege 241/1990 ad atti e documenti per i quali è invece negato l’accesso generalizzato. All’inverso, per ragioni di coerenza sistematica, quando è stato concesso un accesso generalizzato non può essere negato, per i medesimi documenti e dati, un accesso documentale. Allo stesso tempo però si consideri che i dinieghi di accesso agli atti e documenti di cui alla Legge 241/1990, se motivati con esigenze di “riservatezza” pubblica o privata devono essere considerati attentamente anche ai fini dell’accesso generalizzato, ove l’istanza relativa a quest’ultimo sia identica e presentata nel medesimo contesto temporale a quella dell’accesso documentale, indipendentemente dal soggetto che l’ha proposta [59]. ConclusioniProprio al fine di evitare comportamenti disomogenei tra uffici della stessa amministrazione, le Linee Guida ANAC suggeriscono ai soggetti tenuti all’applicazione del Decreto trasparenza l’adozione di un regolamento interno [60] sull’accesso, che fornisca un quadro organico e coordinato dei profili applicativi relativi alle tre tipologie di accesso [61]. Infine, un’altra differenza tra l’accesso civico generalizzato e l’accesso documentale riguarda la gratuità dell’accesso: “l’esercizio del diritto di accesso, secondo l’art. 5, comma 4 del d.lgs. n. 33/2013, «è gratuito», salvo per quanto riguarda il rimborso del costo effettivo sostenuto dall’amministrazione per la riproduzione dei documenti sui supporti materiali, mentre invece l’art. 25, comma 1 della l. n. 241/1990 prevede che, solo l’esame dei documenti sia gratuito, ma il rilascio di copia debba essere subordinato al rimborso del costo di riproduzione, «salve le disposizioni vigenti in materia di bollo, nonché i diritti di ricerca e di visura»” [62]. Note
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