IntroduzioneTroppi grassi nella dieta, in particolare alcune tipologie di grassi (saturi), possono aumentare la quantità di colesterolo circolante e con esso il rischio di sviluppare malattie cardiache; una piccola quantità di grassi di buona qualità è invece una parte essenziale di una dieta sana ed equilibrata, perché Show
A fianco di queste preziose funzioni è però bene ricordare che
La Natura ha scelto di utilizzare il grasso come riserva di energia perché, a parità di peso, ne consente un più efficace stoccaggio:
Semplificando, possiamo immaginare che ciascun alimento contenga essenzialmente tipi diversi di grassi, in proporzioni variabili:
Con l’obiettivo di perseguire una sana alimentazione, dovremmo cercare di ridurre gli alimenti e le bevande ad alto contenuto di grassi saturi e grassi trans, privilegiando quelli ricchi di grassi insaturi. Gli acidi grassi polinsaturi sono lipidi presenti in alcuni alimenti che presentano proprietà molto interessanti dal punto di vista della salute, ma facciamo un passo indietro e ripercorriamone brevemente la storia. L’olio di fegato di pesce è stato usato come fonte di vitamina D a partire dal XIX secolo, in Inghilterra, anche se la scienza medica ha iniziato a interessarsi in modo più approfondito di questo alimento solo quando si è notato che la popolazione eschimese presenta un rischio molto basso di sviluppare malattie cardiache, nonostante la dieta ad alto contenuto di grassi. Si è scoperto nel tempo che quest’anomalia è dovuta alla presenza nell’olio di fegato di merluzzo degli acidi grassi polinsaturi omega 3. Oltre ad essere particolarmente preziosi per il cuore, gli acidi grassi omega 3 (insieme agli omega 6) sono definiti essenziali, perché il nostro organismo ne ha bisogno per vivere pur non essendo in grado di sintetizzarli autonomamente e, anzi, trovandosi obbligato a farne scorta attraverso l’alimentazione. I principali acidi grassi del gruppo omega-3 sono:
L’olio di pesce contiene:
ma gli omega 3 si trovano anche nelle noci e in alcuni oli vegetali (lino, colza, …). Gli omega 6 sono invece presenti negli oli di girasole, mais, soia, … Da notare che alcuni tipi di frutta a guscio, semi e oli vegetali contengono l’acido alfa linolenico (ALA) che l’organismo è in grado di convertire in DHA e in EPA; la fonte principale di ALA è costituita dagli oli vegetali (canola, olio di semi di lino). L’ALA viene poi convertito all’interno del corpo in EPA e DHA. Questi ultimi due possono essere anche assunti con la dieta: si trovano nei molluschi (granchi, cozze, ostriche) e in pesci quali salmone, tonno e trota e [1].
Gli Omega-3 sono attivamente coinvolti in numerose funzioni all’interno del corpo umano: in particolare, intervengono
Oltre alle osservazioni sul legame tra questi preziosi grassi e il rischio cardiovascolare, ci sono ricercatori attivi anche sul altri fronti, per evidenziare possibili benefici su
Proprio per questi potenziali benefici per la salute l’olio di pesce, ricco di omega 3, è diventato un integratore molto popolare, da assumere tal quale o più comunemente sotto forma di integratori, ma un ulteriore campo di ricerca particolarmente interessante e attivo è la valutazione dell’impatto dell’integrazione, rispetto all’assunzione attraverso la dieta, che sempre più spesso rivela un’elevata differenza nei benefici attesi. A cosa servono?Moltissimi gruppi di lavoro nel mondo si interessano attivamente allo studio delle proprietà degli acidi grassi della serie omega-3, ma solo una parte dei benefici diffusamente reclamizzati gode di una reale conferma scientifica. Come dimostra la popolazione eschimese, i soggetti che consumano regolarmente pesce e frutti di mare hanno un minor rischio di sviluppare numerose patologie croniche, ma ad oggi non è stato chiarito se questi benefici siano da imputare agli alimenti in toto o in modo specifico agli omega 3 contenuti. Proviamo quindi a fare il punto relativamente a specifiche condizioni e quello che emerge dalla letteratura scientifica ad oggi disponibile:
Inoltre, pur venendo talvolta pubblicizzati con questi scopi, secondo l’NHS inglese mancano evidenze a supporto della prescrizione in caso di:
Una recente revisione degli studi presenti in letteratura (ad opera della Cochrane, una rete di ricercatori indipendenti) ha inoltre evidenziato ulteriori dubbi in merito alla qualità dei lavori pubblicati fino ad oggi, sottolineando nelle conclusioni che prendendo in considerazioni in dati raccolti con le modalità più rigorose non supportano la prescrizione di integratori a base di omega-3. L’integrazione di per sé non mostra infatti un impatto significativo sul rischio di morte del paziente in cura. Quello che emerge da questa breve e incompleta carrellata è che le certezze sono poche e le ipotesi numerose, ma si può dire senza timore di smentita che
ApprofondimentiMalattie cardiovascolariSecondo quanto riportato sul sito del National Center for Complementary and Integrative Health (NCCIH) – l’agenzia governativa americana per lo studio della medicina complementare e alternativa – le ricerche condotte fino ad oggi non hanno dimostrato con certezza alcun effetto sulla riduzione del rischio di malattie cardiache derivante dall’assunzione di omega-3: una metanalisi del 2018, pubblicata sul Journal of American Medical Association (JAMA), che ha preso in esame 10 dei maggiori studi sugli omega-3 (per un totale di 77.917 partecipanti, monitorati in media 4 anni), non ha evidenziato alcun effetto protettivo dall’assunzione di questi acidi grassi (come integratori di EPA e DHA, di derivazione ittica) nei confronti dello sviluppo di malattie cardiovascolari [2,6]. Stesso risultato era stato ottenuto in precedenza in un’altra metanalisi riguardante 20 studi su un totale di 68.680 pazienti: nessuna associazione statisticamente significativa tra l’integrazione di Omega-3 e la prevenzione di eventi cardiovascolari ad esito fatale (infarto, ictus) [7]. Per contro, diversi studi hanno evidenziato come coloro che fanno elevato consumo di pesce (da 1 a 4 volte a settimana) siano meno soggetti a sviluppare malattie cardiache: una revisione di 17 studi (per un totale di 315.812 partecipanti) pubblicata nel 2011 ha indicato come le persone che mangiano pesce da 1 a 4 volte la settimana siano significativamente meno soggette a sviluppare malattie cardiache, rispetto a coloro che non ne mangiano o ne consumano raramente. Un consumo superiore alle 5 volte a settimana, invece, sembra sia associato a un effetto protettivo molto più marginale [3]. Questa apparente “anomalia” potrebbe essere spiegata assumendo che un moderato consumo settimanale di pesce fornisca una dose sufficiente di omega-3 per ottenere un effetto cardioprotettivo; oltre questa dose, il vantaggio è nullo. E questo spiegherebbe anche l’inutilità dell’assunzione di integratori di EPA o DHA all’interno di una dieta dove sia già presente il pesce [1]. In aggiunta a ciò, è importante tenere in considerazione l’effetto sinergico che certamente esercitano le diverse componenti del pesce – proteine di alta qualità, amminoacidi e vitamine – le quali rendono conto dell’effetto positivo sulla salute cardiaca più dei soli Omega-3 considerati singolarmente [3,8]. Esistono infine numerose evidenze scientifiche sul fatto che le persone che consumano spesso prodotti ittici conducano generalmente uno stile di vita migliore rispetto a chi non ne fa uso – e queste buone abitudini potrebbero sommarsi all’effetto positivo degli omega-3 e contribuire alla minor incidenza di malattie cardiache riscontrata [4,5]. TrigliceridiSe l’effetto diretto dell’integrazione di Omega-3 sulla prevenzione delle malattie cardiovascolari è tuttora dubbio – o quantomeno controverso – l’effetto indiretto, tramite riduzione dei livelli di trigliceridi nel sangue, sembra invece confermato: elevate dosi di Omega-3 si sono dimostrate in grado di ridurre i trigliceridi e quindi esercitare un’azione efficace nella prevenzione della formazione di placche aterogeniche – e di conseguenza delle malattie vascolari [2]. Un elevato dosaggio (3-4 g/die) di Omega-3, nelle preparazioni ad uso farmacologico (e non quindi negli integratori comunemente disponibili in commercio) si è dimostrato efficace nel ridurre il livello di trigliceridi, probabilmente tramite una riduzione della loro sintesi da parte del fegato [9, 10]. DepressioneSecondo quanto riportato dal National Center for Complementary and Integrative Health (NCCIH) americano [2], non è ancora chiaro se l’integrazione di Omega-3 possa avere qualche beneficio nel trattamento della depressione: accanto a studi che hanno mostrato risultati promettenti, ne esistono altri secondo cui l’effetto sarebbe trascurabile, se non addirittura nullo. Una recente revisione della Cochrane, per esempio, pubblicata nel 2015 e comprendente 26 studi sul rapporto tra Omega-3 e depressione maggiore, per un totale di 1400 persone coinvolte, ha concluso che i risultati ottenuti sono ancora troppo eterogenei e non permettono di prendere in considerazione l’integrazione di acidi grassi polinsaturi come terapia esclusiva per il trattamento dei disturbi depressivi [11]. Probabilmente, come suggerisce il risultato di una metanalisi pubblicata nel 2014 [12], gli Omega-3 (in particolare l’EPA) potrebbero essere utilizzati con buoni risultati come supporto alla terapia farmacologica per la depressione, piuttosto che in alternativa ad essa. Alzheimer e malattie neurodegenerativeAlcuni studi epidemiologici hanno evidenziato come coloro che fanno un costante utilizzo di pesce nella dieta hanno un ridotto rischio di declino cognitivo. Tuttavia, l’integrazione con Omega-3 non si è dimostrata efficace nel prevenire malattie neurodegenerative, come l’Alzheimer, né nel ridurne i sintomi quando già presenti [2,13,14,15]. Secondo una ricerca pubblicata nel 2017, tuttavia, è possibile che un gruppo particolare di individui portatori del gene APOE4, associato ad una maggiore probabilità di sviluppare l’Alzheimer, tragga beneficio dall’assunzione di elevate dosi di DHA, in termini di ritardo nello sviluppo dei sintomi della malattia [16]. Gli Omega-3 sono stati studiati anche per
ma i risultati ottenuti si sono dimostrati finora inconcludenti [2]. Artrite reumatoideGli integratori di Omega-3 hanno dimostrato una certa capacità nell’alleviare i sintomi connessi all’artrite reumatoide, permettendo in alcuni casi di ridurre l’utilizzo di farmaci antinfiammatori per il trattamento della patologia [2]. Secondo due lavori di revisione pubblicati nel 2012, i pazienti affetti da artrite reumatoide hanno riferito minore rigidità mattutina, minore dolore articolare e minore necessità di ricorrere all’uso di farmaci antinfiammatori quando sottoposti a terapia complementare con Omega-3 (per un minimo di 3 mesi), rispetto al gruppo trattato con placebo [1,17,18]. Altre patologieGli Omega-3 sono stati oggetto di studio per numerose altre patologie:
I risultati tuttavia si sono rivelati inconcludenti o del tutto negativi [1,2] DosaggioAdulti (età superiore ai 18 anni)L’American Heart Association consiglia agli adulti sani di mangiare pesce almeno due volte a settimana, in particolare il pesce azzurro (sardine, alici, sgombro, …). Anche le sorgenti di ALA vegetali, come il tofu e le noci, sono consigliate. L’Organizzazione mondiale della sanità consiglia un dosaggio giornaliero di EPA e DHA pari a circa 0,3-0,5 grammi, e un dosaggio di ALA pari a 0,8-1,1 grammi. È importante non assumere più di 3 g al giorno di omega 3 da integratori senza la supervisione del medico, per l’aumento del rischio di sanguinamento.
Bambini e adolescentiGli acidi grassi omega 3 sono contenuti in alcuni tipi di latte in polvere, ma le informazioni sui dosaggi efficaci sono ancora poco chiare. L’assunzione di pesce fresco non è indicata nei lattanti, per via del rischio di contaminazione ambientale. Le capsule contenenti olio di pesce non dovrebbero essere usate nei bambini, se non sotto stretto controllo medico. Fonti alimentariiStock.com/JulijaDmitrijeva La fonte alimentare più ampiamente disponibile di EPA e DHA sono:
Gli oli ricavati da questi pesci hanno un elevato contenuto di omega-3 e ricordiamo anche il tonno, le cui quantità sono appena inferiori. I consumatori di pesce devono essere consapevoli della potenziale presenza di metalli pesanti e inquinanti liposolubili come il mercurio, che sono noti per accumularsi lungo la catena alimentare (sono quindi da preferire i pesci di taglia piccola, come le sardine, che sono alla base della catena), ma è opinione diffusa nella comunità scientifica che l’assunzione di almeno due porzioni alla settimana di pesce sia un’abitudine con un rapporto rischio beneficio decisamente favorevole, soprattutto avendo cura di variare le specie consumate, privilegiando:
e riducendo a un consumo occasionale:
Anche le uova contengono buone quantità di omega 3, ma è possibile individuarne buoni fonti anche nel mondo vegetale, come ad esempio:
InterazioniInterazioni con farmaci
Interazioni con i rimedi erboristici e con altri integratoriGli omega 3 possono far aumentare il rischio di emorragia, quindi non andrebbero assunti insieme ad altri integratori o rimedi erboristici che hanno lo stesso effetto, come il Ginkgo biloba e l’aglio. PericoliGli omega-3 come integratori alimentari sono in generale considerati sicuri. Gli effetti collaterali, quando presenti, si riducono essenzialmente a
Se assunti in dosi eccessive gli omega 3 possono diventare pericolosi perché, ad esempio,
Alcuni studi ipotizzano che nei pazienti trapiantati di cuore l’assunzione di questo integratore possa inoltre causare anomalie al battito cardiaco. Non è del tutto chiaro l’eventuale rischio legato all’assunzione di integratori di omega 3 da parte di soggetti con allergia al pesce. Si raccomanda attenzione al fatto che gli integratori di olio di pesce sono differenti dall’olio di fegato di pesce (come l’olio di fegato di merluzzo) che, oltre agli omega -3, contiene anche vitamine A e D, che in elevate dosi possono risultare tossiche [1]. Esistono studi che hanno messo in correlazione livelli elevati di omega-3 nel sangue al rischio di sviluppare il tumore alla prostata [19]. Accanto a questi, tuttavia, ne esistono altri che invece hanno evidenziato un probabile effetto protettivo nei confronti dello stesso tumore per chi consuma abitualmente pesce [21] o addirittura nullo in caso di uso abituale di integratori di omega-3 [21]. La ragione di questi risultati così contraddittori non è ancora chiara [1]. Come già evidenziato nel caso delle malattie cardiovascolari, sembra in ogni caso che il consumo dell’alimento completo (il pesce in questo caso) comporti più benefici in generale rispetto all’integrazione del singolo componente (gli omega-3). Ricordiamo infine il problema del mercurio contenuto in alcuni pesci particolarmente ricchi di omega 3, come ad esempio il pesce spada, lo sgombro, e alcuni tipi di tonno. Fonti e bibliografia
Quali sono i benefici omega 3?Perché si usano gli Omega 3?. Proprietà cardio- e vaso-protettive, mediate dall'azione antitrombotica e antipertensiva;. Proprietà antinfiammatorie;. Proprietà neuroprotettive, preziose in molte patologie neurodegenerative;. Proprietà ipolipidemizzanti;. Proprietà metaboliche;. Proprietà citoprotettive.. Chi deve assumere gli omega 3?I fabbisogni di Omega-3 sono particolarmente elevati anche durante i primi 2 anni di vita. Il motivo è lo stesso che li aumenta durante la gravidanza: far fronte alle necessità del sistema nervoso e degli occhi. Per questo l'assunzione di un integratore di DHA è consigliata anche alle donne che allattano al seno.
Chi non deve prendere omega 3?Le controindicazioni degli Omega-3 riguardano le persone a rischio di emorragie perché assumono particolari farmaci o sostanze, come gli anticoagulanti e gli antinfiammatori non steroidei (i Fans). Infatti questi acidi grassi polinsaturi possono aumentare il tempo necessario per la coagulazione del sangue.
Quanti grammi di omega 3 al giorno per dimagrire?Quanto omega-3 al giorno? A cosa servono gli acidi grassi omega-3?
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Tabella dei fabbisogno giornaliero di omega-3.. |